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ECM, COME VALUTARNE L'EFFICACIA?

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Con un convegno a Bologna, il 21 e il 22 maggio scorsi, il Ministero della Salute ha presentato i risultati di un progetto di ricerca avviato due anni fa, in collaborazione con alcune regioni, per valutare i risultati del sistema di aggiornamento obbligatorio per gli operatori sanitari. L’indagine, limitata comunque ai soli sanitari pubblici, evidenzia che solo il 50% dichiara di essere abbastanza soddisfatto, nonostante le proposte formative siano gratuite. L’indagine non rivela l’impatto che l’ECM ha avuto sulla crescita professionale ed il miglioramento dei servizi all’utenza. In sostanza l’indagine non conteneva le domande cruciali che bisognava porsi: quanti operatori sanitari dopo aver partecipato ad un momento di aggiornamento obbligatorio, hanno realmente fatto un passo avanti nella loro professione? E quanto aggiornamento è stato poi trasferito nel quotidiano delle prestazioni professionali? I quesiti lasciati insoddisfatti in Italia sono invece stati posti ai medici degli USA, dove una analoga indagine sull’aggiornamento continuo ha messo in luce che solo il 6% dei corsi porta a miglioramenti delle prestazioni e del servizio a favore del paziente, mentre solo il 28% ha effetti positivi sul comportamento del professionista nella sua attività clinica. Risultati di questo tipo giustificano un sistema ECM che assorbe ogni anno somme enormi, sia pubbliche che private? Per affrontare il problema è stato proposto al Convegno di Bologna di costituire un Osservatorio Nazionale. Nel frattempo il Ministero della Salute si appresta a trasferire i dati di 6 anni di ECM sperimentale al Cogepas, il Consorzio che riunisce gli Ordini sanitari per la gestione dei crediti formativi. Il Cogeaps si riunirà in assemblea il 31 maggio.