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ANMVI: PERCHE' L' ANTITRUST E' IN ERRORE

Facciamo fatica a comprendere le azioni di una Autorità garante e indipendente che tuttavia si muove come se non esistesse un contesto normativo e giuridico. Se le leggi alle quali si attiene la professione medico veterinaria sono leggi sbagliate sotto il profilo dei principi della concorrenza, non è pensabile che il bersaglio dell’Antitrust siano i professionisti che applicano le leggi e non le leggi in primis”. La dichiarazione è del Presidente dell’ANMVI, Carlo Scotti che per il quotidiano Italia Oggi ha commentato l’avvio dell’istruttoria Antitrust nei confronti dell’Ordine dei veterinari di Torino e della FNOVI. L’Associazione ha diffuso un comunicato stampa nel quale il Presidente Scotti ritiene che il Garante non possa“ adottare due pesi e due misure, avallando fughe in avanti o situazioni che, mentre tutti si comprimono entro i confini delle leggi, risultano altrettanto lesive dei rapporti di corretta concorrenza fra professionisti. La nostra professione oggi non ha un tariffario nazionale con valore di legge, ma tariffari provinciali con valore deontologico. Per quanto da svecchiare, la deontologia professionale è per il medico-veterinario un obbligo etico fondativo del suo essere medico. L’ordinamento ordinistico prevede che il professionista che non rispetta la deontologia sia soggetto a procedimento disciplinare da parte del suo ordine provinciale d’appartenenza. E l’Ordine agisce quale organo ausiliario dello Stato”. La pubblicità di tipo promozionale non è ammessa dalla Legge 175 del 1992 che interessa tutte le professioni sanitarie e si prefigge di tutelare l’utente-paziente da forme di pubblicità di stampo commerciale. “Perchè la salute non si vende e non ha niente a che fare con il marketing- continua Scotti- la salute si garantisce. E si garantisce con prestazioni di qualità. Ma la qualità richiede conoscenze, attrezzature, tecnologie, farmaci, dispositivi medici e tempo. Tutto questo ha un costo e se si fattura zero o troppo poco c’è da chiedersi se ci sono tutte le garanzie sanitarie del caso. Il tariffario minimo rappresenta il corrispettivo di uno standard minimo di qualità. Abolirlo significherebbe perdere di vista uno dei riferimenti a disposizione delle categorie sanitarie per attestarsi su un livello minimo di qualità garantita delle prestazioni per la salute. In veterinaria inoltre non esistono forme di assistenza economica pubblica, fatto salvo per la detraibilità delle spese veterinarie. Per il resto, la considerazione sulla salute dell’animale è tale che il nostro Fisco le addebita l’aliquota IVA massima ( 20%, mentre le prestazioni mediche sulla persona sono esenti). Ciò non significa che i costi della salute animale non possano essere corretti a favore di certe categorie sociali o in determinate condizioni socio-sanitarie. Ma nemmeno in questo caso si può andare a scapito delle garanzie per il paziente-animale”. Da tempo il Garante della Concorrenza e del Mercato ha avvisato il Governo e il Legislatore che l’ordinamento giuridico delle professioni ordinistiche contiene elementi distorsivi della libera concorrenza. Esecutivo e Parlamento hanno risposto con tentativi fallimentari di riforma del diritto delle professioni intellettuali. ”Crediamo quindi – si legge nel comunicato dell’ANMVI- che vada innanzitutto denunciato un ritardo da parte delle istituzioni se le professioni oggi sono messe sotto accusa a causa degli anacronismi normativi a cui sono vincolate. A nostro parere, una delle ragioni per cui la riforma è sempre fallita sta nel fatto che non è mai stata considerata l’eterogeneità del mondo professionale. E in questo errore è caduta anche l’Antitrust in questi giorni, apparentando i medici veterinari a professionisti di diversa estrazione. Vogliamo innanzitutto rivendicare la natura sanitaria della professione medico-veterinaria e da qui partire per le nostre riflessioni. Una maggiore liberalizzazione è una esigenza di ammodernamento sentita anche dai medici veterinari, ma occorre definire una progettualità espressamente dedicata ai professionisti che esercitano nel campo della salute, le cui prestazioni non possono essere ricondotte tout court a logiche di puro mercato. Crediamo di poter aspirare ad un ruolo interlocutorio in tutte le sedi preposte alla riforma delle professioni e ad un capitolo a parte nel riordino giuridico del sistema ordinistico”.