Sarà presentato oggi lo studio realizzato dall'Università di Padova che ha analizzato i percorsi post laurea dei giovani, il loro inserimento lavorativo, l'andamento delle retribuzioni, il ritorno per alcuni a percorsi formativi. In particolare l'indagine è andata a guardare i “pentimenti” relativi alla laurea conseguita ed il risultato crea qualche sconcerto. Già al momento di discutere la tesi mediamente il 24,4% degli studenti manifestava ragioni di ripensamento; la percentuale sale al 27,1% sei mesi dopo, per stabilizzarsi sul 26,2% a diciotto mesi di distanza. I laureati in medicina veterinaria sono fra quelli più delusi della propria scelta. Infatti si trovano al terzo posto della graduatoria con il 33,3% dopo i laureati in giurisprudenza con il 44,6% e quelli in scienze politiche con il 34,1%. Con una grande ed evidente differenza, però. Mentre i laureati in giurisprudenza ed in scienze politiche hanno un percorso formativo che gli permette anche di trovare occupazioni diversificate e non propriamente specifiche rispetto alla propria laurea per il laureati in medicina veterinaria è molto difficile riciclarsi una volta finiti gli studi. E' importante anche vedere che mentre al momento della laurea i pentiti che hanno fatto il corso in medicina veterinaria sono solo il 19,4%, a dimostrazione di un reale interesse per gli studi prescelti, la percentuale aumenta considerevolmente quando i laureati si devono confrontare con il mondo del lavoro, 25,6% dopo sei mesi e 33,3% dopo un anno e mezzo, per gli enormi problemi che si incontrano a trovare un'occupazione. Oltre a questo problema,purtroppo sempre più presente nel settore veterinario, vi sono altri due aspetti che evidenziano l'insoddisfazione dei laureati. Chi si trova a svolgere un lavoro che non permette di utilizzare le competenze acquisite all'università sostiene che non valeva la pena di studiare per anni se poi non è possibile mettere in pratica ciò che si è imparato. Chi invece avverte sul lavoro l'esigenza di competenze che non sono state insegnate arriva alla stessa conclusione: non valeva la pena di studiare se ciò che viene richiesto è diverso da quello che è stato insegnato. E questi due aspetti sono molto forti nelle valutazioni di pentimento dei veterinari. (fonte: Il Sole-24 Ore)