• Utenti 11
  • Articoli pubblicati dal 4 novembre 2001: 31390

+++ Le pubblicazioni riprenderanno con regolarità dopo la pausa estiva +++  

SUMMIT FAO: DALL’ITALIA UNA SOLUZIONE?

Immagine
Si è svolto ieri un summit FAO-OMS-OIE nella sede romana dell’agenzia alimentare dell’ONU, per affrontare l’emergenza dell’influenza aviare. Presenti esperti e autorità internazionali. Si va dall’ipotesi di impiego dei vaccini alle implicazioni per il commercio a livello internazionale, alle misure di controllo e di profilassi diretta, all’epidemiologia dei virus influenzali negli animali domestici e nei volatili selvatici.«Al momento - ha assicurato Yan Slingerbergh, esperto del servizio animali della Fao -, non c’è alcuna evidenza che il virus H5N1 abbia subito una mutazione. L’epidemia «costituisce una minaccia seria per la salute pubblica degli esseri umani e degli animali, e continua ad allargarsi –ha invece detto He Changchui, responsabile dell’ufficio asiatico della Fao -. Il manifestarsi di sempre nuovi casi in Thailandia, Cina e Vietnam mostra che la malattia è tutt’altro che sotto controllo». Maurizio Marangon, direttore sanitario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, centro di riferimento nazionale per l'influenza aviaria ha spiegato che si arriverà a un vaccino per immunizzare i polli dal virus H5N1, “ma quello che stiamo valutando- ha aggiunto- è la pratica applicabilità di uno strumento del genere in una realtà complessa come quella dell’Asia». Ci sono 6 miliardi di capi d’allevamento. E sarebbe necessario indirizzare l’utilizzo di un eventuale vaccino solo su una parte di questi animali, altrimenti l’impresa diventerebbe di gestione difficilissima». L'esperienza italiana potrebbe essere utile. «Il sistema di vaccinazione contro l’influenza aviaria sviluppato e adattato in Italia – ha confermato Ilaria Capua, collega di Marangon - è ritenuto uno dei principali candidati per arginare l'epidemia in Asia». Il vaccino ( DIVA- Differenciating Infected from Vaccinated Animals) fu utilizzato in due diverse epidemie nel 2000-2001 e nel 2002-2003. Si è parlato anche degli uccelli migratori. «Sono i serbatoi naturali dell’influenza - spiega Marangon - I virus, nei loro confronti, hanno una bassa carica virale, ma diventano pericolosi quando passano dalla popolazione selvatica a quella di allevamento». Per Slingerbergh, infine, si deve puntare “ su strategie di azione, mirate soprattutto agli allevamenti di medie dimensioni, quelli con 500-600 unità, tuttora fuori da ogni controllo, ma che rappresentano i maggiori focolai potenziali dell’influenza aviaria». Questo tipo di allevamenti, quindi, viene identificato come quello sul quale fare ogni possibile intervento, dai vaccini agli abbattimenti. «I grandi allevamenti, infatti - ha riferito ancora -, adottano varie strategie di contenimento dell'epidemia. In Thailandia, per esempio, nessun caso di influenza aviaria è stato riscontrato in grandi fattorie commerciali». I responsabili della Fao hanno annunciato che l’agenzia fornirà aiuti d'emergenza a quattro Paesi asiatici, per un totale di 1,6 milioni di dollari: la Cambogia, il Laos, il Pakistan e il Vietnam.(Repubblica, 4 febbraio 2004)