Lunedì scorso la Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Veterinaria ha eletto il suo nuovo presidente: è il decano della Conferenza, il professor Alberto Gaiti, con un mandato, conferitogli all’unanimità, che terminerà fra 12 mesi, allo scadere della sua carica di preside della Facoltà di Medicina Veterinaria di Perugia.
Il dopo Catanzaro è iniziato con una delibera della Conferenza che si impegna a non dare più il sostegno delle università italiane a corsi di laurea che non rispondono ai requisiti minimi previsti dal Ministero dell’Università e che chiede al Ministro Moratti un incontro chiarificatore.
Fra i primi impegni assunti nella nuova veste di Presidente della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina Veterinaria, il Professor Gaiti cita anche la calendarizzazione, a breve termine, di incontri con gli Ordini Veterinari per parlare di lauree specialistiche e di lauree brevi. Questo perchè, secondo il Professor Alberto Gaiti, è necessario che l’Accademia accorci le distanze dal mondo professionale e avvii un dialogo reciprocamente proficuo. Al buio si agitano i fantasmi. Se si accendono le luci, invece, il professor Gaiti lascia intendere che si può trovare lo spazio per un confronto aperto...
Professor Gaiti, la Conferenza ha prodotto una nuova delibera unanime. Di cosa si tratta?“Lunedì scorso la conferenza ha raggiunto un importante risultato. Ha approvato all’unanimità un documento sull’attualità veterinaria, dopo l’attivazione del corso di Catanzaro che ha causato le dimissioni del Professor Girardi. Con questo documento la linea del Professor Girardi è stata unanimemente condivisa e perseguita. L’hanno sottoscritto tutte le Facoltà ( erano assenti solo Bari e Milano, quest’ultima con ampia delega alla Conferenza ndr) e adesso sarà sottoposto ai Consigli delle Facoltà perchè deliberino e diano pieno mandato alla Conferenza. Chiediamo al Ministro che si lavori per l’accredito europeo delle facoltà esistenti, per la salvaguardia della formazione e della credibilità delle facoltà esistenti. E diciamo che se il Ministero vuole portare avanti iniziative come quella di Catanzaro queste devono essere rispondenti ai requisiti minimi previste per le specifiche facoltà. Se non ci saranno questi presupposti non ci sarà l’avvallo delle Facoltà italiane.Il corso di laurea di Catanzaro obbedisce ai requisiti minimi?C’è un impegno del Rettore dell’Ateneo. Il Comitato nazionale per la valutazione del Sistema Universitario si è pronunciato sulla base delle garanzie prodotte dal rettorato di Catanzaro.Come si pone la Conferenza nei confronti del mondo professionale?I due fronti sui quali ci siamo impegnati sono la richiesta al Ministro dell’Università di un incontro finalizzato ad esaminare la situazione della veterinaria accademica in Italia, senza nasconderci che dopo l’Accademia c’è il lavoro, e la previsione di una serie di incontri a breve con gli Ordini. E’ necessario parlarsi e dialogare a distanza ravvicinata, altrimenti non ci si comprende. La professione veterinaria teme il proliferare di corsi di laurea, ma anche delle lauree triennali...Le lauree brevi stanno già trovando qualche allocazione nella futura riforma dei Collegi e nel giro di una decina d’anni gli Ordini dovranno pensare a come accoglierle. Fatte salve le specificità della veterinaria dovranno trovare spazio nel sistema ordinistico già esistente. Ma fino a quando ci parliamo a distanza noi possiamo commettere errori nella creazione di figure professionali che possono interferire con la professione veterinaria e il mondo professionale può chiudersi su posizioni preconcette quando queste figure potrebbero invece essere tecnici d’ausilio.Ma non c’è il rischio di creare professionalità dimezzate e sovrapposte a quelle prodotte dai corsi specialistici quinquennali?Le lauree brevi sono ineluttabili. Il Ministero ha deciso di chiudere le scuole professionalizzanti. Ritengo che come il Collegio dei geometri e l’ordine degli Ingegneri si sono accordati, in futuro possa esserci anche in veterinaria la possibilità di trovare un punto di incontro. Il rischio della sovrapposizione per loro era molto forte. Possiamo trovare da questo esempio una strada proficua anche in abito veterinario. L’università deve preparare, dall’altra parte non si può tagliare la strada a professionalità emergenti, che, insisto, non devono essere un ostacolo, ma un ausilio.
Credo poi che si andrà verso una revisione del numero programmato per ridurre la pressione sulla laurea specialistica e dare spazio ai corsi triennali, ma secondo un percorso formativo che eviti sovrapposizioni inaccettabili e sconfinamenti altrettanto inaccettabili delle competenze.C’è anche un problema di orientamento agli studi universitari. Com’è possibile che tutte le aspiranti matricole sognino di aprire un ambulatorio per cani e gatti in città? Ci sono settori come la sicurezza alimentare a cui i ragazzi non pensano affatto nel programmare i loro percorsi universitari...Ne sono convinto. Tanto che alla facoltà di medicina veterinaria di Perugia abbiamo un corso di Igiene e qualità degli alimenti di origine animale. Nel nostro Paese c’è un numero di cani e gatti che, a guardare le cifre, sembra ragguardevole, ma non è così. La popolazione animale è limitata e inoltre siamo in una fase di stagnazione economica nel settore del pet. Cercheremo di perseguire il confronto con tutte le componenti della professione anche su questi aspetti. Ci sono settori emergenti e potenzialmente importanti che possiamo individuare in pieno accordo, senza competere. Per fare questo c’è bisogno di un dialogo aperto.