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FSE, SICURI GLI ALIMENTI PER ANIMALI

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Dopo il secondo caso di FSE in Svizzera le aziende che producono mangimi per gatti rassicurano il pubblico dei proprietari. Lo stesso Tullio Vanzetti dell’ufficio veterinario del Canton Ticino ha ricordato il divieto di utilizzare tessuti a rischio Bse nei mangimi animali. In conclusione, il gatto morto di Fse ha mangiato carne contagiata dalla Bse ma non proveniente da scatolette. E Luigi Zappoli , medico veterinario di Bologna, ha dichiarato in questi giorni all’Adn Kronos: ''Non si puo' dimostrare come l'animale abbia contratto la malattia. La carne bovina e' usata poco nei mangimi animali e comunque subisce un lungo processo di sterilizzazione e lavorazione. E' molto piu' probabile essere infetti da carne 'fresca'''. ''Ma data la giovane eta' del gatto, cinque anni, e' difficile ogni ipotesi, alla luce dei rigorosi controlli attuati negli ultimi tempi''. ''L'encefalopatia spongiforme felina (Fse) colpisce il sistema nervoso centrale, dando una lesione simile a quella che si riscontra nel bovino e nell'umano - continua - ma non e' ancora dimostrato il meccanismo patogenetico della malattia, ovvero come si trasmette e come si manifesta. C'é chi pensa ad un'alimentazione vegetariana anche per cani e gatti. Ma come si puo' credere di stravolgere cosi' l'apparato digerente di animali carnivori da sempre. Io ritengo - conclude - che dobbiamo continuare nell'unica strada da perseguire, ossia il controllo della carne''. Già nel 2001 la SIANA (Società Italiana di Alimentazione e Nutrizione Animale) aveva chiarito in un comunicato stampa diramato a seguito di notizie allarmistiche: “La BSE è insorta a causa della somministrazione di farine di carne ad animali erbivori che non ne hanno alcuna necessità. Al contrario, i carnivori, ed in particolare i gatti devono assolutamente assumere carne; se ne fossero privati andrebbero incontro a gravissimi problemi. C’è da augurarsi che l’eccessiva attenzione per una malattia al momento non evidenziata in Italia non faccia perdere di vista malattie ben più comuni che possono minacciare la salute dei carnivori domestici”.