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PESCI, SOSTANZE VIETATE: VAINI RETTIFICA

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Sul maxi-sequestro di polli e pesci, effettuato nei giorni scorsi dai Nas negli allevamenti di Brescia e Verona, abbiamo chiesto al Dr. Vaini Filippo, medico veterinario esperto della filiera dell’acquacoltura, se i prodotti vietati trovati negli impianti (tra cui sembra disinfettanti, chemioterapici ed antibiotici anche cancerogeni) possano causare danni alla salute dei consumatori. Il Dr. Vaini, dopo la pubblicazione sul Corriere Lombardia di giovedì 17 luglio della sintesi del suo lungo colloquio telefonico, ha concesso l’intervista all’ANMVI dichiarando che i contenuti pubblicati contengono inesattezze. “I giornalisti dovrebbero sempre far rivedere il pezzo alle persone da loro coinvolte, soprattutto quando di mezzo ci sono questioni delicate” esordisce il Dr. Vaini che così prosegue “ Innanzi tutto, prima delle dichiarazioni a commento, si devono fornire nell’articolo notizie corrette: stiamo parlando di 15.000 quintali di pesce sequestrato e non di 15.000 tonnellate (entità vicina ad 1/3, 1/4 dell’intera produzione nazionale); in secondo luogo il ritrovamento di sostanze vietate non necessariamente comporta che queste siano state utilizzate e, nel caso lo fossero state, siano ancora rilevabili nella carne degli animali; saranno le analisi a dirimere la questione. Avuti i risultati di queste, solo allora si potrà veramente parlare di attentato alla salute del consumatore”. Secondo l’esperto non è vero che non vi sia alcuna conseguenza: “ovviamente dipende dai farmaci impiegati, ma se vengono rispettati modalità d’uso e tempi di sospensione” spiega il Dr. Vaini è impossibile che restino residui nei tessuti dei pesci, e questo vale anche per quelle molecole non autorizzate per una data specie ma per le quali è prevista la ricettazione in deroga. Se a questo si aggiunge che alcune specie vengono trattate solamente nelle prime fasi di crescita, al momento della vendita, dopo uno o alcuni anni, non rimarrà più alcuna traccia di antibiotici”. Il Dr. Vaini prosegue illustrando quali siano le motivazioni che possono indurre gli allevatori di pesce ad un uso non consentito di farmaci anche illegali : “Tutti sappiamo che in acquacoltura le terapie si possono legalmente effettuare solo con mangimi medicati debitamente prescritti dal veterinario. Ma nell’applicazione della norma nascono una serie di problemi: lunghi tempi di diagnosi, aumento dell’antibioticoresistenza, quasi inesistente disponibilità e tempi di allestimento del mangime, costi di smaltimento dell’alimento non utilizzato, ecc. Ciò induce qualcuno alla preparazione artigianale di mangime medicato, e non è detto necessariamente con un farmaco vietato. Sono le modalità stesse di preparazione che indicano come sia possibile allestire solo piccoli quantitativi, adatti ad una contenuta biomassa di pesce, piuttosto che quintali di mangime estruso per l’alimentazione di grandi quantitativi di pesci di grossa taglia.” Per concludere, il Dr. Vaini ritiene che “gli effetti negativi alla salute dell’uomo dipendono dal tipo di sostanza nociva utilizzata. Quelle in uso fino a qualche anno fa, divenute poi proibite, possono esserlo diventate non solo per motivi che hanno a che vedere con le conseguenze sulla salute dei consumatori, ma anche per problemi burocratici legati per esempio alla difficoltà di registrazione di vecchie molecole. Questo vale anche per la ricerca di nuovi e più efficaci presidi farmacologici, mentre non voglio ora entrare nel merito del problema disinfettanti, altro argomento fin troppo spinoso”.