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LEISHMANIOSI E SOPPRESSIONI

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Risale ai primi di giugno il ricorso gerarchico presentato dalla LAV (Lega Anti Vivisezione) contro l’Ordinanza del Sindaco di Bernalda in provincia di Matera che in data 17 aprile 2003 ordinava al responsabile sanitario del canile comunale la soppressione di cani randagi affetti da leishmaniosi “ con sintomi viscero-cutanei”.
L’episodio ha riacceso il dibattito sull’opportunità di simili misure di abbattimento, periodicamente adottate da talune autorità comunali su parere dei servizi veterinari delle ASL competenti. Già nel 1999, l’ANMVI informava il Ministero della Sanità di analoga ordinanza emessa dal Comune di Matera, richiamando l’attenzione di questo Dicastero sulla necessità di approfondire le basi scientifiche, epidemiologiche ed etiche di provvedimenti spesso troppo drastici rispetto alle possibilità di gestione e controllo della malattia messe a disposizione dal progresso scientifico in campo veterinario. A seguito dell’ordinanza del Comune di Bernalda, l’ANMVI ha sollecitato il Ministero della Salute a promuovere l’approfondimento e quindi la divulgazione delle attuali conoscenze scientifiche e dei più recenti studi comparativi sull’incidenza della trasmissione all’uomo di questa, pur seria e grave malattia.
Le motivazioni che sorreggono l’ordinanza di Bernalda si ricollegano alla “salvaguardia della salute pubblica”, essendo la leishmaniosi, a parere del Servizio Veterinario della USL MT/4, “una zoonosi di cui il cane è il principale serbatoio” e che la stessa malattia “può essere veicolata all’uomo dai flebotomi, insetti presenti nel nostro territorio e che inoltre il grado di infettività è correlato all’intensità dei sintomi viscero-cutanei”.
La soppressione dei cani viene ordinata “in modo esclusivamente eutanasico, ad opera dei medici veterinari, soltanto se gravemente ammalati, incurabili o di comprovata pericolosità”, al fine di “evitare le gravi sofferenze per gli animali ammalati e garantire il benessere animale nella fase terminale della malattia”.