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SOCIETA’ TRA PROFESSIONISTI E PREVIDENZA

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Prima della bozza di disegno di legge sulla Riforma del diritto delle professioni intellettuali licenziata dalla commissione ministeriale Vietti il 5 marzo, il ministero delle finanze non aveva mai preso posizione in relazione alla qualificazione del reddito prodotto dalle società di professionisti. La questione viene definita per la prima volta dal punto 3 dell’articolo 12 ( Norme previdenziali) della bozza-Vietti: “Quando è consentito l’esercizio dell’attività professionale in forma associativa o societaria, i redditi prodotti nell’esercizio dell’attività professionale costituiscono redditi di lavoro autonomo e sono assoggettati alla contribuzione obbligatoria in favore dell’ente previdenziale di categoria cui ciascun professionista fa riferimento in forza della iscrizione obbligatoria al relativo albo professionale. Detto contributo dovrà essere versato pro quota ai rispettivi enti previdenziali secondo gli ordinamenti vigenti.” Le società tra professionisti ( STP) sono definite e regolate dall’articolo 9bis della bozza, in 15 punti; dovranno essere iscritte oltre che in una sezione speciale degli albi, anche nel registro delle imprese, non vi possono partecipare soci non professionisti, i soci professionisti sono personalmente e illimitatamente responsabili della prestazione svolta, mentre per le obbligazioni che non derivano dall’attività professionale tutti i soci rispondono personalmente e solidalmente. Intanto il Comitato unitario delle Professioni -CUP-ha deciso di riunire nei prossimi giorni tutti gli ordini divisi per aree (sanitaria, ingegneria-architettura, guiridica, umanistica e scientifico-tecnologica) per esprimere un parere sul nuovo testo, che sarà poi illustrato dai delegati di ciascuna di queste aree al sottosegretario Vietti.Il prossimo 19 marzo, il sottosegretario ha infatti fissato l'inizio del giro di consultazioni politiche sui contenuti della riforma. Il ministro della giustizia, Roberto Castelli dovrà poi decidere se trasformare il testo della commissione in un articolato da portare al consiglio dei ministri oppure se consegnare il documento alla commissione giustizia del senato, dove si stanno già discutendo alcuni disegni di legge di riforma delle professioni. Ipotesi quest'ultima fortemente caldeggiata dal presidente della commissione di palazzo Madama, ma non vista con favore da via Arenula.