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BSE: LA FNOVI RISPONDE A SIRCHIA

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Ill.mo Signor Ministro, con riferimento alla Sua del 17 aprile u.s., nel ringraziarLa per il contributo e l’attenzione dimostrata nei riguardi della categoria medico veterinaria, desideriamo esprimere il nostro apprezzamento per quanto da Lei esposto e aggiungere alcune considerazioni. La sensazione è che il fenomeno BSE, rappresentato agli occhi dell’opinione pubblica come conseguenza di eventi dolosi messi in atto dall’allevatore, abbia comportato l’adozione di provvedimenti sanitari di massima cautela non sempre giustificabili; a questi si aggiungano interventi politici di sostegno al settore zootecnico inaccettabili da un punto di vista medico, volti a rinunciare ad una serie di informazioni epidemiologiche che oggi si cerca di recuperare i tutti i modi possibili. Siamo pertanto lieti di apprendere che è Sua volontà ricondurre il trattamento dei casi sospetti entro più corretti parametri dell’approccio sanitario. Con la sorveglianza attiva è stato possibile determinare l’incidenza e la prevalenza della BSE nel nostro Paese derivandone conoscenze che consentono di rapportarci in modo non penalizzante con il resto dell’Europa; ciò va a merito dei servizi veterinari pubblici e degli istituti zooprofilattici che hanno concorso ad attivare e gestire in tempi ridottissimi questo complesso sistema di prelievi e di analisi. Per quanto riguarda la sorveglianza passiva, si conviene con Lei che ciò che è stato fatto fino ad ora non è sufficiente. D’altro canto ci duole ammettere che né il pubblico, né il privato hanno saputo attivare un modello organizzativo finalizzato al coinvolgimento dei veterinari sul territorio per i motivi che già questa Federazione ha più volte segnalato (rif. n/s del 26 febbraio 2002, Prot. n. 647/2002/F/laa). La FNOVI è dell’avviso che un coinvolgimento della veterinaria privata nella segnalazione di casi sospetti debba passare attraverso l’attento coordinamento della struttura pubblica. Ci riferiamo ad esempio a un sistema nazionale di rilevazione dei dati che, per il tramite di questa Federazione, avrebbe potuto arrivare al coinvolgimento diretto del professionista ed al riscontro della sua attività. Siamo altresì convinti che il “veterinario aziendale”, come da Lei sottolineato, rappresenti un elemento indispensabile per la realizzazione di un valido piano di profilassi passiva e, proprio a questo riguardo, ci preme ricordare che tale figura non ha ancora quel riconoscimento ufficiale che consentirebbe la definizione del suo ruolo nonché il coordinamento della sua attività e la sua relazione con il SSN. E’ doveroso ricordare infine che, attualmente, il veterinario libero professionista presta la propria opera professionale su richiesta dell’allevatore, il quale ha la facoltà di non ricorrere all’assistenza del veterinario privato anche di fronte a particolari patologie, di disporre l’invio alla macellazione dei propri capi, così come può decidere di lasciarli senza ausilio terapeutico. Pertanto, se da un lato è indispensabile promuovere la costante crescita culturale e professionale del veterinario, dall’altro è necessario procedere nei tempi più brevi alla definizione giuridico- professionale del ruolo del “veterinario aziendale”. In tal senso si richiama il progetto informalmente trasmesso al Direttore del Dipartimento Alimenti , Nutrizione, Sanità Pubblica Veterinaria, che ad ogni buon conto si allega in copia, volto a definire attribuzioni e responsabilità del veterinario aziendale e la recente convocazione da parte della scrivente Federazione di un tavolo di lavoro sul veterinario aziendale che ha visto la partecipazione dei Sindacati e delle Associazioni di Categoria. La veterinaria italiana è comunque fortemente convinta dell’utilità di un sistema di sorveglianza integrata, che trovi il concorso di energie pubbliche e private riunite in un sistema organizzato e realistico di epidemiosorveglianza attivo e passivo finalizzato all’obbiettivo di fornire un livello di garanzia sanitaria diverso e superiore all’attuale. Quanto sopra esposto comporterà sicuramente una ricaduta in termini di costi per la realtà zootecnica e per il consumatore, ma consentirà di disporre del maggior livello di garanzia sanitaria possibile. Ci permetta di concludere, Ill.mo Ministro, ricordando che questa Federazione oltre ad accogliere favorevolmente la sollecitazione ad organizzare corsi per la valorizzazione e la crescita professionale dei medici veterinari che operano in campo zooiatrico nei riguardi di tutte le encefaliti trasmissibili, attività nella quale è già impegnata, rimane a completa disposizione del Suo Ministero per tutti gli aspetti progettuali e per tutte le proposte che la Categoria sarà in grado di formulare fuori da spinte emotive occasionali create dall’emergenza, con il fine ultimo di assicurare, con la sanità degli animali degli alimenti e delle produzioni zootecniche, la tutela della salute dell’uomo. Il Presidente (Dott. Domenico D’Addario) Roma, 9 maggio 2002