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BIOTERRORISMO CONTRO GLI ANIMALI

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Dall’analisi di documenti riservati dell’Unione Sovietica e dell’Irak gli Stati Uniti hanno tratto nuovi motivi di allarme- bioterrorismo e il timore che in quei Paesi il terrorismo internazionale possa rifornirsi di agenti patogeni. Dorothy Preslar, direttrice di Animal Health Emergency Disease, dichiara: “Se si vuole prendere di mira l’economia di un Paese, l’introduzione intenzionale di agenti patogeni che colpiscono bestiame e coltivazioni provocherebbe il panico dei consumatori, bloccherebbe le esportazioni e farebbe salire alle stelle i prezzi dei prodotti alimentari.”( Sole 24 Ore , 3 maggio 2002). Allevamenti e coltivazioni sono bersagli che in gergo si definiscono “soffici”, in altre parole poco protetti e facilmente attaccabili. In caso di “agroterrorismo” a mezzo afta epizootica, lingua blu, peste suina e pleuropolmonite contagiosa dei bovini il Governo federale statunitense ha disposto che l’allevamento colpito venga messo in quarantena, si vaccinino i bestiami delle zone limitrofe e, per quel che riguarda l’eliminazione delle carcasse, le procedure d’emergenza del Dipartimento dell’Agricoltura USA prevedono che si dia precedenza alla sepoltura anziché alla cremazione. Il Governo ha inoltre deciso di potenziare lo stock per vaccini e medicinali destinati alle emergenze. Ma secondo la consulente ministeriale Anne Kohnan queste misure non bastano: gli Usa dovrebbero “investire più risorse in tecnologie e capacità diagnostiche e potenziare il sistema di sorveglianza e controllo” ( ibidem). La Kohnan propone inoltre di estendere a tutti gli Stati il “Montana Plan”: una combinazione di risorse della rete sanitaria e di quella veterinaria, che prevede l’istituzione di un data base via Internet che raccolga quotidianamente dati e segnalazioni di casi sospetti, provenienti da macelli, allevamenti e veterinari.