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PET CORNER

La FNOVI, con l'approvazione del Ministero della Sanita', aveva approvato la modifica del codice deontologico che permetteva un'attività' commerciale accessoria a quella professionale, creando in questo modo il primo cardine su cui si doveva articolare il pet-corner.
Nei passaggi successivi e' pero' venuta a mancare una normativa che ci riguardasse espressamente, determinandosi cosi' quella situazione di incertezza e di variabilita' che ha portato a diversi approcci pratici al problema. Anche la richiesta di licenze commerciali, facilitate dalla nuova normativa, non soddisfa la configurazione del pet-corner come attivita' accessoria a quella professionale, nel cui solo ambito si puo' esprimere. Infatti non corrisponde allo spirito del nostro codice deontologico gestire un negozio a tutti gli effetti, tanto e' vero che l'art. 54 pone delle limitazioni ben precise, che mal si adattano ad una licenza commerciale che invece non ne prevederebbe.
Il Comune di Bologna ha emanato una delibera che di fatto riconosce alle strutture veterinarie la prerogativa, insita nella professione veterinaria stessa, di poter cedere ai propri clienti prodotti attinenti alla salute ed al benessere animale, senza che per questo venga a configuarsi un'attivita' commerciale autonoma e soggetta a regolamentazione. In pratica, il Comune di Bologna attribuisce alle strutture veterinarie le valenze di prestatori d'opera professionale e di vendita di prodotti specifici nell'ambito della propria clientela.
La delibera del Comune di Bologna costituisce un esempio trainante anche per altri comuni ed un presupposto per una normativa nazionale che ratifichi la situazione di fatto venutasi a creare nel paese.
Oggi al Ministero Industria e Commercio non sanno dove appellarsi, per poter in qualche modo regolarizzare la nostra posizione, perche' in tutta la normativa nazionale non si fa mai cenno ai veterinari, mentre invece, ad esempio, e' contemplata l'attivita' del farmacista che non si configura come commercio, anche se opera delle transazioni commerciali, ma come espletamento della propria professione. Un altro esempio contemplato nella normativa, che per certi versi ci assomiglia, e' quello dei parrucchieri per i quali e' prevista la vendita ai propri clienti di prodotti attinenti senza che per questo siano inquadrati nel commercio.
Serve pertanto che la cosa anche da noi inizi a prendere piede, affinchè poi diventi una sorta di attivita' riconosciuta come intrinseca alla nostra professione, come del resto e' accaduto negli anni passati in tutti gli altri paesi; in questi, ad esempio Germania, Francia, UK, Spagna ecc, e' ormai un fatto assodato che il veterinario venda dei prodotti specifici, perche' fa parte della sua professione, e senza aver avuto bisogno di una specifica autorizzazione.
Per fare il pet-corner era anzitutto indispensabile modificare la norma che lo impediva e cioe' il nostro codice deontologico, come per la cessione del farmaco era indispensabile una norma, il decreto 336, che ci concedesse una deroga all'esclusiva di vendita al pubblico dei medicinali che ha il farmacista.
A questo punto ci serve che il Ministero delle Finanze ci indichi come fatturare queste attivita' accessorie o collaterali, rendendole compatibili con la nostra attivita' professionale prioritaria, cosi' come è stato richiesto e sollecitato.
In conclusione la professione veterinaria, essendo autoregolata attraverso i suoi organismi istituzionali, può' definire autonomamente i propri protocolli operativi, rispettando certamente la normativa vigente, ma senza bisogno di ulteriori avvalli legislativi se non si va in contrasto con altre disposizioni di carattere generale.
E' questa la strada che la FNOVI sta percorrendo per vedere riconosciuta di fatto questa nuova prerogativa della professione veterinaria.

Aldo Vezzoni, Segretario FNOVI