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TOSCANA

Danni alla zootecnia, "ma non si possono sopprimere i randagi"

Danni alla zootecnia, "ma non si possono sopprimere i randagi"
Sono otto i lupi uccisi in Maremma da novembre ad oggi. Gli allevatori: non vogliamo risarcimenti, perchè non vogliamo più danni".
«Bisogna capire bene il fenomeno perché allo stato attuale non ci sono dati certi sul numero dei lupi e sul numero di capi uccisi». Enrico Loretti, dirigente del servizio veterinario dell'asl di Firenze e consulente della Regione Toscana per le attività di controllo del randagismo, invita alla cautela  «Non è neppure così semplice distinguere l'attacco di un lupo da quello di un cane o di un branco di cani inselvatichiti. Bisogna dunque fare una valutazione più approfondita e una ricognizione migliore dei danno. Non è possibile che nell'area dei monti pisani risulti una concentrazione superiore a quella nel parco dell'Abruzzo, per esempio. Fatto questo, poi si dovranno esaminare le soluzioni».

«Ma l'abbattimento dei randagi non è possibile – prosegue Loretti -, lo vieta una norma nazionale dal 1991 e bisogna ricordare che fu la Toscana, nel 1987, la prima regione a vietarlo. E nella regione la lotta al randagismo è stata efficace così come quella contro gli avvelenamenti, che sono fortemente diminuiti seppur, purtroppo, non del tutto eliminati». Loretti ricorda che in Toscana si è passati da politiche risarcitorie per la perdita dei capi a programmi di prevenzione con contributi per recinzioni elettrificate e altre forme di dissuasione. «Oggi, forse – osserva il dirigente – reinserire forme risarcitorie contribuirebbe a creare le condizioni per fare un ragionamento più chiaro e più sereno della situazione».

Le associazioni degli allevatori hanno invece una posizione netta su questi punti: «Non vogliamo i risarcimenti perché non vogliamo più i danni – spiegano da Coldiretti -: in parte le recinzioni servono, così come il contributo per i pastori maremmani a protezione delle greggi. Ma questo può servire in piccole aree. Non è possibile recintare ettari e ettari di terreno. E nelle aree marginali gli allevatori rischiano di essere costretti a chiudere, ad andare via, abbandonando i pascoli. I lupi hanno sempre ucciso qualche pecora ma ormai da qualche anno si parla di centinaia di capi andati perduti. E l'iter burocratico per ottenere il risarcimento è così complesso e anche oneroso che molti preferiscono non denunciare».

L'ibridazione del lupo appenninico con il cane domestico  è un fenomeno in crescita in Italia e rappresenta una seria minaccia per l'identità genetica di questa specie protetta e per le attività zootecniche del territorio rurale. Per contrastare il fenomeno è indispensabile conoscerne a fondo le cause, ascoltando le esperienze di tutte le categorie interessate e attuando strategie efficaci contro l'abbandono e la mancata custodia dei cani nei territori rurali. A novembre del 2013 si è svolto un convegno tra le diverse figure coinvolte, per favorire la comprensione di questa complessa tematica e l'integrazione funzionale tra ricercatori e amministratori. La necessità è di definire efficaci soluzioni per la gestione degli ibridi, adatte alla specifica situazione della provincia di Grosseto, ma che possano, in futuro, anche fungere da buone pratiche per contesti simili. Enzo Rossi, assessore allo sviluppo rurale della provincia di Grosseto, conclude: "Ci stiamo raccordando con le organizzazioni agricole e ambientaliste per fare un intervento deciso sul Ministero dell'ambiente. Dobbiamo iniziare a catturare questi ibridi".

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