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EQUINI, CASSAZIONE SU COMPETIZIONI CLANDESTINE

EQUINI, CASSAZIONE SU COMPETIZIONI CLANDESTINE
Si registra un nuovo orientamento della giurisprudenza in materia di competizioni clandestine di cavalli. Con una ordinanza del 16 novembre, la Cassazione ha confermato la bontà del sequestro probatorio di due equini "denutriti e feriti" impiegati in corse non autorizzate.

La terza sessione penale della Cassazione ha depositato ieri una sentenza che segna un nuovo orientamento della giurisprudenza in materia di competizioni clandestine di cavalli.

Per la prima volta, la Corte si è espressa sul sequestro probatorio di due cavalli, "denutriti e feriti, detenuti per competizioni non autorizzate e pericolose per le loro condizioni di salute e integrità fisica.
Era stato il Tribunale di Ancona a disporre il vincolo del sequestro probatorio per acquisire la prova del reato previsto dall'articolo 544 quinquies del Codice Penale (Divieto di combattimenti tra animali).

La Cassazione non ha accolto le censure del proprietario ricorrente di uno dei due cavalli, secondo cui l'equino era "in perfette condizioni di salute e ben curato" e pertanto non poteva essere "oggetto di sequestro preventivo, atteso che la libera disponibilità del bene non può aggravare le conseguenze del reato o provocarne altri". Inoltre, il Tribunale di Ancona non avrebbe "argomentato sulla caratteristica essenziale del reato, cioè sul pericolo per l'integrità fisica dell'animale".

La Corte ha chiarito che la fattispecie prevista dall'articolo 544 quinquies del Codice Penale "richiede per il suo perfezionamento l'assenza di una autorizzazione allo svolgimento della gara e la idoneità della stessa a mettere in pericolo l'integrità fisica degli animali coinvolti", requisiti pienamente sussistenti nel caso esaminato.

Non solo il Tribunale di Ancona ha esplicitato come le modalità di svolgimento della competizione esponessero i cavalli a rischio, ma trattandosi di sequestro probatorio non sono necessari ulteriori argomenti. Il sequestro è stato applicato ai sensi dell'articolo 253 del Codice di Procedura Penale "come mezzo di ricerca della prova", necessario dunque "per una completa valutazione della ipotesi di reato".