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INDAGINI IN TUTTA ITALIA

Sequestro carni, coinvolti anche medici veterinari

Sequestro carni, coinvolti anche medici veterinari
Cento i capi bovini sequestrati nel corso delle perquisizioni in 12 regioni effettuate dal Nas di Perugia nell'ambito dell'operaizone 'Lio'. Sequestri che "non riguardano carni infette", ha sottolineato il capitano Marco Vetrulli, che guida il Nucleo anti sofisticazione del capoluogo umbro, ma "certificazioni non idonee".

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Sequestri per 4 milioni di euro, 65 indagati e sigilli a 4 aziende agricole. E' il bilancio dell'operazione (video)che dalle prime ore della mattina vede impegnati oltre 300 carabinieri dei Nas e dell'Arma territoriale, che stanno dando esecuzione in 21 province di 12 regioni a 78 decreti di perquisizione e sequestro emessi dalla Procura della Repubblica di Perugia nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di associazione a delinquere finalizzata alla commercializzazione per la successiva macellazione di bovini infetti e con marche auricolari contraffatte.
I provvedimenti, eseguiti in Umbria, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Lombardia, Abruzzo, Marche, Basilicata, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte, sono stati emessi al termine di un'indagine che dal 2011 ha visto impegnati i carabinieri del Nas di Perugia coordinati dalla Procura umbra.

La prima fase dell'indagine ha portato alla scoperta di un traffico illecito di bovini colpiti da malattie infettive, alcune delle quali trasmissibili all'uomo. Gli animali, nati in aziende dell'Italia meridionale e insulare, venivano avviati alla macellazione grazie all'intermediazione di due aziende, una perugina e una aretina, nonché di allevatori e medici veterinari che riuscivano a fare eludere i controlli sanitari facendo apparire sani i bovini. Al termine di questa prima fase, all'inizio del 2013, sono state sequestrate 4 aziende agricole e 500 bovini vivi, che sono stati abbattuti e distrutti, per un valore commerciale di 2 milioni e mezzo di euro.

Nella seconda fase delle indagini, i militari hanno ricostruito la vasta organizzazione criminale in cui erano a vario titolo coinvolti 56 allevatori, 3 autotrasportatori e 6 medici veterinari delle Asl del Centro-Sud (Perugia, Arezzo, L'Aquila, Foggia, Potenza e Matera), dediti alla falsificazione di passaporti e marche auricolari che permettevano di introdurre sul mercato bovini di razza ed età diverse da quelle certificate dai documenti. Sono in corso sequestri di allevamenti di bovini vivi per un valore stimato di circa 2 milioni di euro.

Conferenza stampa di stamane- Il Capitano Marco Vetrulli ha tenuto questa mattina a Perugia una conferenza stampa. Ciò che è emerso è un giro di contraffazione delle carni con animali meticci fatti risultare chianina.Gli accertamenti sono iniziati tre anni fa, quando scoppiarono quattro focolai tra Perugia e Todi. Le ulteriori verifiche avrebbero consentito di ricostruire i passaggi dei bovini da una regione all'altra - è stato detto - anche grazie alla complicità di alcuni veterinari. A discapito dell'ultimo acquirente che comprava gli animali credendoli di razze pregiate. Nel 2011 sono stati sequestrati 500 capi, spiega il capitano Marco Vetrulli, perchè infetti (ad esempio da tubercolosi o brucellosi o blue tongue). Il ritiro avvenne comunque prima della commercializzazione e nessun capo è giunto in tavola. E, in ogni caso, ha spiegato ancora, il pericolo di trasmissione umana, teoricamente possibile, viene comunque abbattuto dalla cottura della carne.

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Gli animali malati- Nati in aziende dell'Italia meridionale e insulare, i capi venivano avviati alla macellazione grazie all'intermediazione di due aziende, una perugina e una aretina, nonché di allevatori e medici veterinari, che riuscivano a far eludere i controlli sanitari facendo apparire sani i bovini. Facendoli risultare come nati in Umbria o in Toscana, l'iter per la macellazione e la vendita era molto meno lungo di quanto non fosse invece nelle regioni di provenienza a causa della diffusione di focolai di malattia. Questa prima fase di indagine si chiuse col sequestro e l'abbattimento di 500 capi nel 2011 per un valore di oltre due milioni e mezzo di euro.

I certificati falsi - Nella seconda fase delle indagini i militari hanno ricostruito minuziosamente la vasta organizzazione criminale in cui erano a vario titolo coinvolti 56 allevatori, 3 autotrasportatori e 6 medici veterinari delle ASL del centro-sud (Perugia, Arezzo, L'Aquila, Foggia, Potenza e Matera) dediti alla falsificazione di passaporti e marche auricolari che permetteva di introdurre sul mercato bovini di razza ed eta' diverse da quelle certificate dai documenti, facendoli diventare magicamente di razza chianina. I militari hanno appurato che i veterinari redigevano anche falsi certificati di fecondazione, attestando che almeno uno dei due capi era di razza chianina. Qualche volta però i magheggi sono stati maldestri: in un caso infatti, due bovini gemelli nati dalla stessa madre, risultavano nati a un mese di distanza in due allevamenti diversi. Senza contare i capi registrati come maschi e poi invece erano femmine.

Il guadagno illecito - Questi capi, secondo quanto spiegato dal capitano Vetrulli in confereza stampa, sono stati commercializzati principalmente in Veneto, ma anche in molte altri parti d'Italia. D'altronde, basta pensare che le persone iscritte nel registro degli indagati sono 65, per avere anche solo una vaga idea di quanti guadagnavano illecitamente vendendo bovini come di razza chianina quando invece erano meticci. E per avere un'idea del guadagno basta pensare che un bovino adulto di razza chianina cosa tre volte tanto di uno meticcio. Secondo quanto riferito dai militari in conferenza stampa, gli indagati parlavano freneticamente al telefono e parlavano moltissimo delle marche auricolari che contraffacevano e si facevano da loro stessi quando invece dovrebbero essere rilasciate solo dall'Asl competente.

I veterinari - Ancora nessun provvedimento è stato adottato dalle rispettive Asl nei confronti dei veterinari implicati nell'indagine. Al momento non sono emerse prove di corruzione dei veterinari, ma è lecito pensare ad un qualche tipo di tornaconto in cambio di una falsa attestazione, che spianava la strada ad una vendita senza problemi. Oppure, e non sarebbe meno allarmante, i veterinari non leati alle Asl, che dunque lavorano come liberi professionisti, potrebbero averlo fatto anche solo per aggiudicarsi un lavoro. (fonte)

Il  presidente del Codacons Carlo Rienzi all'Adnkronos Salute: "Vogliamo sapere dalle autorità i nomi delle ditte coinvolte nella vicenda, in modo che i cittadini che hanno consumato carne infetta possano essere informati e avviare le dovute azioni legali".


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