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LAUREA E LAVORO

La disoccupazione professionale è un danno sociale

La disoccupazione professionale è un danno sociale
La Corte Europea dei Diritti Umani si è pronunciata per la prima volta sul diritto allo studio, motivando le ragioni del numero programmato. Sussiste un diritto all'accesso "solo nella misura in cui l'Università ha capacità e risorse e fintanto che la società ha bisogno di una determinata professione. La disoccupazione è una spesa a carico di tutta la società".
La sentenza emessa ieri dalla Corte Europea dei Diritti Umani non salva solo la Legge 2 agosto 1999, n.264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari) ma avvalora- per la prima volta- le ragioni alla base della programmazione universitaria. E lo fa facendo leva sul rapporto di necessità che deve intercorrere fra numero di laureati e occupazione, fra fabbisogno professionale e sostenibilità socio-occupazionale, fra formazione accademica e relative risorse economiche e didattiche.

Anche il lavoro rientra fra i Diritti Umani e le condizioni che generano disoccupazione si ripercuotono negativamente su tutta la società in termini di maggiori costi economici. La Corte sposta infatti l'accento delle tutele dallo studente al futuro professionista.

Si legge in sentenza: "La Corte ritiene che, nel caso di specie, le restrizioni imposte agli studenti su base legislativa sono fondate. Anzi, esse perseguono lo scopo legittimo di garantire un livello sufficiente di competenze per i futuri professionisti, grazie ad un insegnamento di elevata qualità. La Corte basa principalmente il suo ragionamento sulla proporzionalità delle restrizioni".

Il fatto che sia previsto un test di ingresso, selezionando gli studenti più meritevoli con prove adeguate "è una misura proporzionata a garantire un certo livello di insegnamento universitario". Quanto al numero massimo di posti disponibili, "i criteri applicati dalle autorità italiane – date le risorse materiali dell'Università e dato il fabbisogno sociale di una data professione- realizzano un equilibrio fra gli interessi degli aspiranti studenti e quelli dalla società in generale, ivi compresi quelli degli altri studenti".

Per la Corte Europea, "è ragionevole che uno Stato pretenda l'integrazione sul mercato del lavoro di tutti i candidati, perchè la disoccupazione va considerata come un fardello per la società nel suo insieme. Non è insensato che lo Stato privilegi la prudenza e basi la sua politi sull'ipotesi che i laureati non debbano forzatamente espatriare alla ricerca di un lavoro, bensì' che un'alta percentuale degli studenti formati in Italia restino in Italia.

pdfIL_COMUNICATO_STAMPA_DELLA_CORTE.pdf158.51 KB

pdfSENTENZA_DELLA_CORTE_DEI_DIRITTI_UMANI.pdf163.05 KB