La Seconda Sezione Penale della Cassazione ha annullato la condanna perché secondo i Supremi Giudici l'uomo aveva agito in stato di necessità. Nella sentenza 43722/2010 della Cassazione si legge che "l'uccisione dell'animale altrui costituisce reato solo ove avvenga senza necessità".
Per stato di necessità si intende, chiariscono i Supremi Giudici, "ogni situazione che induca all'uccisione o al danneggiamento dell'animale per evitare un pericolo imminente o impedire l'aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai beni, quando tale danno l'agente ritenga altrimenti inevitabile". Affinché ci sia reato invece, (come prevede l'art. 638 cp) viene richiesto "il dolo della consapevolezza di agire senza necessità". In questo caso, nella stessa sentenza del Tribunale, fa rilevare la Seconda Sezione Penale, nonostante la condanna, i giudici di merito "avevano dato atto dell'esistenza di una situazione di un pericolo imminente, sia per il cagnolino aggredito dal pastore tedesco, sia per la moglie dell'imputato intervenuta sul posto e che verosimilmente correva il rischio di essere coinvolta nella manifesta aggressività del cane pastore". E lo stesso Tribunale aveva peraltro riferito che la condotta dell'imputato "si può comprendere e attribuire alla sua limitata capacità di determinarsi dovuta alla concitazione del momento e allo spavento".