Era pertanto non rispettata una delle condizioni richieste per la spettanza del credito d'imposta, espressamente prevista dall'articolo 7, comma 5, legge 388/2000, secondo cui "Il credito d'imposta (...) spetta a condizione che (...) siano rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dai decreti legislativi 19 settembre 1994, n. 626, e 14 agosto 1996, n. 494, e loro successive modificazioni, nonché dai successivi decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie in materia di sicurezza ed igiene del lavoro".
A seguito di ciò, l'ufficio delle entrate gli aveva notificato la revoca del credito di imposta detratto in compensazione per il 2001 e il 2002. Respinto il ricorso sia in primo che in secondo grado, lo studio legale ha fatto ricorso in Cassazione ma senza successo.
Anche la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha infatti negato il diritto al credito fiscale perché ha motivato "si rilevano del tutto prive di conferenza le contestazioni dello studio legale circa il carattere formale e non sostanziale della violazione contestata ovvero sull'inesistenza del potere dei Dipendenti dell'Agenzia di effettuare l'accertamento delle violazioni afferenti le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori o al carattere definitivo dell'accertamento non avendo la stessa contestato (come accertato dal giudice del merito) la materiale inesistenza della "condizione".
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