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MUORE IL CANE: NON E’ DANNO MORALE

MUORE IL CANE: NON E’ DANNO MORALE
Trova applicazione il principio stabilito tre anni fa dalla Cassazione che ha negato il riconoscimento del danno morale ad un proprietario. A Milano, il Giudice civile non riconosce il risarcimento esistenziale in una causa per decesso di un cane, ma afferma la responsabilità in solido dei veterinari curanti.  La morte di un animale d'affezione per colpa del veterinario non configura la lesione di un diritto inviolabile della persona e quindi la legge non prevede il risarcimento del danno morale patito dal padrone.

È il principio stabilito dalla Cassazione tre anni fa in una causa per il decesso di un cavallo, richiamato ora dal giudice civile nel rigettare la richiesta di danni morali avanzata dalla proprietaria di una cagna morta dissanguata per un concorso di colpa tra due veterinari. La vicenda giudiziaria, su cui si sono spesi anche dei periti per svolgere una consulenza medico-legale, ha origine dal decesso di Maya, una siberian husky di 9 anni operata l'11 marzo 2003 per un tumore alla mammella.

ll giudice della quinta sezione civile, Damiano Spera, è stato quindi chiamato a decidere sulla causa intentata dal legale della donna, l'avvocato Maurizio Bozzato. L'avvocato aveva sottolineato il "coinvolgimento in termini affettivi che la reazione tra uomo e animale domestico comporta" per "l'arricchimento della personalità dell'uomo" e aveva chiesto, per la sua cliente, un risarcimento anche per danni non patrimoniali.  

Il tribunale di Milano ha tuttavia riconosciuto "la responsabilità" dei due veterinari nel causare la morte, sia per non aver fatto tutte le analisi necessarie (il cane era anche "affetto da sospetta neoplasia e in sovrappeso") e sia per averlo immediatamente dimesso dopo l'operazione ("la semplice permanenza anche di ulteriori 60 minuti all'interno della struttura sanitaria, avrebbe permesso ai medici di rendersi conto meglio dell'eventuale insorgenza di complicanze"). La sentenza, dunque, ha messo nero su bianco che "deve dichiararsi la responsabilità" dei due dottori "nella produzione dell'evento lesivo", ritenendo responsabile non solo il veterinario che ha operato, ma anche il collega, perché aveva accompagnato cane e padrona in tutte le fasi dell'intervento assumendosi, in questo modo, "un obbligo di cura".

I due veterinari dovranno quindi pagare alla proprietaria di Maya solo due terzi delle spese sostenute per la causa.

La Cassazione si era espressa nel 2007, ritenendo che la perdita di un animale d'affezione non è riconducibile sotto una fattispecie di un danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta. La parte che domanda la tutela di tale danno, ha l'onere della prova e non è sufficiente il generico riferimento alla perdita delle qualità della vita.  

 

SENTENZA DELLA CASSAZIONE CIVILE, 27 GIUGNO 2007