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UE, VIGILANZA PRUDENTE SU ENTI PENSIONI

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Non solo libera circolazione dei professionisti e dei servizi professionali: con la Direttiva europea recepita dall’Italia con la Comunitaria 2004 anche gli enti previdenziali possono “operare in ambito transfrontaliero”. Parliamo della Direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L235 del 23.9.2003. La Direttiva rappresenta “ un primo passo nella direzione di un mercato interno degli schemi pensionistici aziendali e professionali organizzato su scala europea”. Fatto salvo il diritto nazionale della sicurezza sociale e del lavoro per quanto riguarda l'organizzazione dei sistemi pensionistici, il provvedimento vuole che gli enti abbiano la possibilità di prestare i loro servizi in altri Stati membri ed essere in grado di gestire schemi pensionistici con aderenti in più di uno Stato membro. Questa facoltà potrebbe potenzialmente consentire agli enti di realizzare significative economie di scala, migliorare la competitività delle imprese comunitarie ed agevolare la mobilità del lavoro. A tal fine è necessario il riconoscimento reciproco della normativa. Il mercato comunitario dei servizi finanziari da tempo richiedeva “l'elaborazione di una direttiva sulla vigilanza prudenziale degli enti pensionistici aziendali o professionali, poiché si tratta di una categoria importante di istituzioni finanziarie chiamate a svolgere un ruolo essenziale ai fini dell'integrazione, dell'efficienza e della liquidità dei mercati finanziari”. Le disposizioni prudenziali previste dalla direttiva 2003/41/CE sono intese sia a garantire un elevato livello di sicurezza per i futuri pensionati, attraverso la prescrizione di norme prudenziali rigorose, sia a permettere una gestione efficiente degli schemi pensionistici aziendali e professionali. Le restrizioni alla libera scelta da parte degli enti pensionistici aziendali e professionali dei gestori e dei depositari autorizzati limitano la concorrenza nel mercato interno e “dovrebbero essere rimosse”. In tal modo, la Direttiva guarda alla politica d’investimento degli enti e, sottoponendola a vigilanza prudenziale, tuttavia la incoraggia: “in quanto investitori a lunghissimo termine – dice la Direttiva- con un basso rischio di liquidità, gli enti pensionistici aziendali o professionali sono in una posizione adatta per investire in attività non liquide, quali le azioni, come pure sui mercati dei capitali di rischio entro limiti prudenti. Essi possono anche beneficiare dei vantaggi di una diversificazione internazionale. Occorre quindi non restringere gli investimenti in azioni, nei mercati dei capitali di rischio e in valute diverse da quelle in cui sono espresse le passività, salvo per motivi prudenziali”.