E’ giunta alla quarta puntata l’inchiesta di Libero sul “business a quattro zampe”. Dopo gli alimenti, il farmaco e il commercio di animali, il quotidiano di Feltri si occupa oggi di malasanità veterinaria: “omissione di soccorso e negligenza” in “centinaia casi di cani e gatti deceduti per colpa dei veterinari”. L’inchiesta, firmata dalla giornalista Alba Piazza, parte dalla testimonianza di Daniela Ballestra, una proprietaria animalista che attribuisce il decesso della sua cagnolina Panna a negligenze veterinarie. L'inchiesta parla di diagnosi frettolose o superficiali, reperibilità 24 ore su 24 che di fatto non esiste, ritardi e cure rifiutate: “lei non è mia cliente, mi spiace non posso far nulla”. Si legge nell’articolo che “l’inquietante scenario” è fatto “ di veterinari che godono di enorme autotutela. Molti addirittura esercitano senza specializzazione nè obblighi di legge alcuno. Non contempla l’esistenza di pronti soccorso per animali nè di centri attrezzati a dovere, tantomeno la collaborazione tra veterinari, una chimera”. Daniela Ballestra è fondatrice di Arca 2000, un’ associazione italiana che si occupa di malasanità animale.“ Mi sono resa conto- spiega Ballestra- che per omissione e per negligenza troppi veterinari- non si può fare di tutte le erbe un fascio- non sono all’altezza di molte situazioni. La maggior parte,una volta fuori dall’università, apre ambulatori come se fossero negozi: basta una firma del sindaco e un permesso dell’ASL. Il dramma è che non esistono leggi che li obblighino a stilare referti, a tenere cartelle cliniche. Per avere indietro le analisi di Panna quelle ematiche e una radiografia, mi è toccato procedere per vie legali. Ho persino sporto denuncia all’Ordine dei veterinari. Tutto inutile: quegli esami non sono più saltati fuori”. E’ un Far West, scrive Alba Piazza, non esiste una legge che obblighi gli specialisti a restituirli e il possesso di documentazione clinica è lasciato alla discrezione personale.
Nella sua testimonianza, pubblicata accanto all’inchiesta odierna, Grazioli difende i veterinari che “ non vogliono finire in quel fascio d’erba”, parla di Buone Pratiche Veterinarie e punta il dito contro le università che laureano migliaia di laureati “ che spalano cacca per anni nelle gabbie di cliniche affermate, in attesa di un tavolo chirurgico che all’università neanche hanno visto”. ( fonte Libero, 16 dicembre 2004)