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CONCORDATO: LE CASSE HANNO RAGIONE

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La Cassa di previdenza dei dottori commercialisti si era rivolta all'Agenzia delle entrate per avere una chiara interpretazione sulla normativa del concordato preventivo che coinvolgendo direttamente anche il calcolo del versamento alle Casse veniva a penalizzarle. Infatti, secondo il ministero delle Finanze, il reddito concordato dal professionista, inferiore a quello reale escludendone gli incrementi, doveva essere riferimento anche per il calcolo del contributo previdenziale. In questo modo le Casse private avrebbero ricevuto versamenti inferiori a quelli effettivamente dovuti e preventivati. Nel quesito rivolto all'Agenzia da parte della Cassa dei dottori commercialisti, si riaffermava il principio di autonomia gestionale delle Casse nella gestione della previdenza, e quindi delle entrate, stabilito dalle leggi di privatizzazione. Solo le stesse Casse possono dunque" adottare provvedimenti mirati alla salvaguardia dell'equilibrio del sistema e tali provvedimenti non possono essere in alcun modo modificati da norme di natura prettamente fiscale, le cui finalità sono espressamente incongruenti con le logiche che sottendono la gestione di lungo periodo di un sistema previdenziale chiuso". l'Agenzia ha risposto al quesito concordando con le argomentazioni evidenziate dalla Cassa e pur non entrando nel merito della questione, si è dichiarata d'accordo con gli enti di previdenza che ritengono esclusi dal patto con il fisco i redditi dei professionisti ai fini previdenziali.