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CORTE UE: POSSIBILE VIETARE GLI OGM

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La semplice presenza di residui di proteine transgeniche in nuovi prodotti alimentari non impedisce la loro immissione in commercio, mediante una procedura semplificata, se non vi sono rischi per la salute umana. Tuttavia, se uno Stato membro ha motivi fondati per sospettare l'esistenza di un simile rischio, puo' limitare provvisoriamente o sospendere la commercializzazione e l'utilizzo sul suo territorio. Questa la sentenza della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo nella causa che opponeva la Monsanto all'Italia per aver vietato l'immissione sul mercato di alcuni prodotti alimentari con granturco geneticamente modificato. Il decreto con cui l'Italia aveva stabilito una sospensione preventiva della commercializzazione e dell'utilizzo di prodotti provenienti da granturco geneticamente modificato risale al 2000. In seguito a quel provvedimento, Monsanto ed altre aziende del settore hanno presentato un ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio ritenendolo contrario al diritto comunitario. Nel 1997 e 1998 le aziende avevano informato la Commissione Ue, nell'ambito di una ''procedura semplificata'', per la quale e' necessaria solo una notifica all'esecutivo europeo, la loro intenzione di commercializzare prodotti provenienti da granturco geneticamente modificato, quali la farina. In Italia il governo, dopo aver sentito pareri di diversi organi scientifici, ha avuto dubbi sull'innocuita' di questi prodotti con la conseguente emissione del decreto del 8 agosto 2000. Nella sua sentenza la Corte Ue, a cui si era rivolto il Tar del Lazio, ricorda che il regolamento comunitario sui nuovi prodotti alimentari ha la finalita' duplice di garantire il funzionamento del mercato interno di questi prodotti e di tutelare la salute pubblica. Lo stesso regolamento, si sottolinea, ''qualifica come sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti alimentari esistenti quelli che presentano differenze di composizione, ma che non hanno effetti negativi per la salute''. La Corte rileva inoltre che la ''procedura semplificata'' non deve in alcun caso trasformarsi in un indebolimento delle norme di sicurezza che devono essere rispettate dai nuovi alimenti e che talune differenze di composizione di questi ultimi, rispetto a quelli tradizionali, devono essere specificatamente menzionate nell'etichettatura. In virtu' della cosiddetta ''clausola di salvaguardia'', spiega ancora la Corte Ue, uno Stato membro ''puo' a titolo preventivo limitare provvisoriamente o sospendere la commercializzazione del prodotto sul suo territorio''. La dimostrazione dell'esistenza di rischi per la salute, secondo i giudici del Lussemburgo, puo' giustificare ''l'adozione di una tale misura, ma in tal caso il rischio non deve essere puramente ipotetico, ne' risultare fondato su semplici supposizioni non ancora fondate. Lo Stato deve basarsi su indizi precisi e non su ragioni aventi un carattere generico''. Alcuni aspetti di questa vicenda appaiono tuttavia attualmente ormai superati dopo che nel luglio scorso l' Unione europea ha adottato nuove regole sull'etichettatura e sulla tracciabilita' degli Ogm. La Monsanto ribadisce che la sicurezza dei prodotti geneticamente modificati ad oggi in commercio e' stata ''inequivocabilmente sancita dalla presentazione dei dati di ricerche pubbliche finanziate dalla UE, e rese note nell'ottobre del 2001 nelle quali si stabilisce che i prodotti OGM sono altrettanto sicuri se non piu' sicuri di quelli tradizionali. Inoltre l'Istituto Superiore di Sanita', interpellato dal Governo italiano sulla questione specifica della sicurezza dei quattro mais OGM, ha risposto il 28 luglio 2000 che 'alla luce delle conoscenze scientifiche attuali, non risultano esistere rischi per la salute umana ed animale derivanti dal consumo degli OGM oggetto del provvedimento''. Alla luce della decisione della Corte di Giustizia UE e del parere dell'Istituto Superiore di Sanita', conclude la Monsanto, ''il Governo italiano dovra' produrre nuove evidenze scientifiche che mettano in dubbio la sicurezza dei prodotti in questione o non potra' che dichiarare decaduto il decreto Amato''. Le quattro varieta' di mais (Mais Bt 11, MON 810, MON 809, Mais T25), oggetto del Decreto Amato, concluse l'azienda, ''sono state ritenute sicure e autorizzate dalla Commissione europea per l'importazione e l'uso nell'alimentazione umana e zootecnica e sono attualmente in commercio in tutta l'Unione europea con la sola eccezione dell'Italia. Il Ministro delle Politiche Agricole Alemanno vuole al più presto una legge nazionale che fissi le regole della coesistenza di colture tradizionali e colture ogm “altrimenti già dalla prossima campagna di semina si potrebbe aprire una stagione da far west”.