Ogni estate, insieme alla calura, si ripresenta puntuale la questione dell’abbandono degli animali. Sembra ormai quasi un indispensabile “accessorio” da viaggio, da associare praticamente solo a questo periodo dell’anno. Si parla di saldi estivi, di partenze intelligenti, di preferenze dei luoghi di villeggiatura e di abbandoni sull’autostrada. Ma è proprio vero che il fenomeno dell’abbandono dell’animale “italiano” sia così specifico e limitato a quest’unica motivazione che è la mancanza di disponibilità a farsi seguire dal proprio pet nei luoghi di villeggiatura? La risposta è ovviamente no.
Attribuire una singola origine ad un problema così complesso e multifattoriale come è quello dell’abbandono del cane o gatto o pappagallo è un grave errore che si ripete ormai da troppo tempo. Ci si potrebbe domandare perché mai dovrebbe essere importante conoscere la ragione esatta dell’allontanamento forzato dell’amico peloso e che differenza farebbe per Toby o Pussy essere sloggiati per un motivo piuttosto che per un altro.
La risposta, per quanto possa sembrare improbabile, consiste nel fatto che in realtà un numero notevole di animali viene effettivamente scaricato senza che il proprietario ne sia del tutto cosciente e per motivi che nulla hanno a che vedere con le vacanze.
Un esempio lampante di quanta confusione esista attualmente sull’argomento lo ha dato una trasmissione televisiva (settore sanitario-divulgativo in prima serata) nella quale si esortavano i telespettatori a disfarsi al più presto di eventuali animali presenti nell’appartamento in caso di gravidanza della proprietaria. Non si ammettevano eccezioni di sorta e le spiegazioni fornite erano decisamente prive di qualsiasi fondamento scientifico. Non era presente in studio nessuno in grado di informare correttamente il pubblico sulla “gestione” degli animali (anche in caso di gravidanza in famiglia), cosa ovviamente possibilissima e non più rischiosa di un viaggio in metropolitana. La trasmissione terminava però con il solito sproloquio di condanna dell’abbandono “vacanziero” da parte del presentatore, noto uomo di cultura.
E’ quindi ammesso e auspicabile sbarazzarsi dell’animale per motivi sanitari (anche se il dato è assolutamente scorretto), non va bene se lo fai perché parti.
Il risultato fu che il giorno seguente i medici veterinari furono sommersi da decine di telefonate di proprietari allarmati e spaventati che chiedevano dove mollare il proprio gatto o cane, non avendo intenzione di tenere con sé tali bombe ad orologeria quali erano gli animali.
La paura di contrarre malattie è effettivamente una delle motivazioni più gettonate da chi si sbarazza dell’animale. Non tutti sono così avanzati da informarsi correttamente sui rischi reali che si corrono in determinate circostanze. Spesso una semplice voce che circola scatena l’ondata di abbandoni, come si verificò per la Salmonellosi delle tartarughe d’acqua (Pseudemys).
Che l’abbandono avvenga poi per strada (o autostrada) è un altro luogo comune che dovrebbe essere riconsiderato.
Anche tutti coloro che affidano ad altri il proprio animale, particolarmente se non si curano assolutamente di controllare la persona che lo rileva, commettono in realtà un abbandono, anche se il risultato non è immediatamente evidente.
Il generico: “è andato a stare bene” spesso non significa nulla. E’ difficilissimo trovare una sistemazione corretta ad un animale, soprattutto se adulto. E’ molto più facile che una volta lasciato il primo proprietario inizi per la disgraziata bestiola il balletto dei nuovi proprietari, sempre meno convinti e meno disposti ad accollarsi eventuali responsabilità, che termina spesso con la strada o il lager per i randagi.
Per i felini poi la situazione è decisamente peggiore. Si parla spessissimo di abbandono di cani e raramente di quello dei gatti.
Nell’immaginario collettivo, al gatto scaricato per strada o mollato in un cortile (in qualsiasi periodo dell’anno) si rende la libertà; se lo si stipa con altri trecento gatti abbandonati in un capannone gestito da tre persone (senza lasciare una lira per il mantenimento) si pensa che si divertirà un sacco con tutti questi nuovi amici; oppure, se ci si accorge che è cieco, lo si butta oltre un muro perché la signora che abita lì ne ha tanti e saprà lei cosa fare.
Tutto ciò non viene mai considerato dall’esecutore un abbandono.
Continuare ad attribuire l’abbandono alle partenze, estive o natalizie, permette in realtà a tutti coloro che si disfano dell’ingombrante pet per altre ragioni di farlo a cuor leggero e di non comprendere nemmeno di avere effettivamente perpetrato anch’essi un abbandono.
Inoltre, come per tutti i problemi dei quali si cerca una soluzione, solo la corretta conoscenza e analisi di tutte le possibili variabili può condurre alla “formula risolutiva”, che in questo caso consiste nell’attuazione di strategie più efficaci per ridurre effettivamente il numero degli animali abbandonati.
Laura Torriani, Segretario ANMVI