Secondo l’epidemiologo americano, Anthony Fauci, che dirige il National Institute of Allergy and Infectious Deseases, un vaccino, che di solito è impiegato per trattare le infezioni respiratorie di origine virale tra i maiali, potrebbe essere la via per debellare la polmonite responsabile della morte di oltre 100 persone nel mondo.
Ci sarebbero buone probabilità che la Severe Acute Respiratory Syndrome sia causata da un nuovo coronavirus che può aver fatto un salto di specie dagli animali all'uomo. I «coronavirus», che sono da tempo noti agli scienziati americani, non sono visti, normalmente, come un particolare pericolo per la salute pubblica perché causano non più di un comune raffreddore. Ma Fauci ha riferito che il «coronavirus» di cui si parla, e che si pensa associato alla Sars, è un tipo mai identificato prima. Di più: esiste la quasi certezza che nei suoi attacchi all'uomo «lavori» in sinergia con un secondo agente patogeno, non ancora identificato. «I vaccini contro i comuni coronavirus che vengono utilizzati in veterinaria - ha spiegato l’epidemiologo - sono rimedi di routine per prevenire serie malattie in giovani animali, come, ad esempio, il vaccino somministrato ai maiali per prevenire serie patologie dell’apparato intestinale causate da coronavirus. Questi modelli potrebbero essere usati per sviluppare un vaccino a protezione dell’uomo. Noi, ora, abbiamo questo virus in crescita e una volta che lo si sia fatto crescere in laboratorio, si potranno attuare sistemi che ci metteranno in grado di accelerare enormemente i processi di crescita, allo scopo di mettere a punto un vaccino, test diagnostici e terapia». Ma ha messo le mani avanti: i ricercatori hanno ancora una lunga strada da percorrere prima di arrivare al traguardo, «perché hanno ancora molto da imparare su questa patologia». Ieri sul quotidiano Libero, Oscar Grazioli ha ricordato come le ricerche del microbiologo cinese Liu, avviate per risolvere le epidemie che colpiscono anatre, tacchini e polli nella Cina meridionale, siano state fondamentali per comprendere l’origine della polmonite atipica. Prima di morire, infettato da una versione probabilmente modificata del virus H5 N1, di cui cercava il vaccino, Liu ha scoperto che il suo ceppo è simile a quello della polmonite atipica. E sui ceppi influenzali responsabili dell’influenza aviare Grazioli aggiunge: “questi virus al momento sono innocui per l’uomo esattamente come per gli uccelli selvatici che ne costituiscono il reservoir. Per di più sono virus deboli nell’ambiente e non causano alcun pericolo per quel che riguarda le carni. Ma domani? Se si sposta un H, un N o una virgola? Eccolo lì il nemico che nessun’arma convenzionale o meno potrebbe combattere. Possibilità di prevenzione? Semplici quanto utopistiche se non si cambiano le mentalità e le regole del mercato economico. Una programmazione accurata del numero di allevamenti, un deciso freno alla densità dei volatili, parchetti all’aperto dove giri aria “buona”. Sono anni che se ne parla inutilmente e i pochi che hanno calcolato queste strade non sono premiati adeguatamente dal mercato. I virus ogni tanto ci mandano qualche avviso.