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SANITA’ E DEVOLUTION

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Scrive Fabrizio Gianfrate ( Direttore e vicepresidente Fondazione SmithKline, docente di Farmacoeconomia Univ. Ferrara) su Repubblica: “ La devoluzione dei poteri nasce in Italia prevalentemente come comportamento di reazione della maggior parte della classe politica al successo elettorale leghista della metà degli anni ’90 e trova la sanità come oggetto primario del cambiamento federalista. Ciò avviene non tanto perché esista a giustificativo una effettiva esigenza di salute così diversa tra regioni in termini di epidemiologia o morbilità, quanto perché le regioni, investite dai nuovi poteri di autonomia, devono destinare l’80% delle proprie risorse alla sanità, dovendo garantire il più elevato grado di assistenza ma facendo quadrare i conti delle risorse disponibili. Replica Carlo Borsani, Assessore alla Sanità della Regione Lombardia : “ Non concordo con l’affermazione secondo cui si sta andando verso un federalismo sanitario unicamente come risposta politica alla «Lega Nord». Proprio perché le regioni destinano una quota significativa delle proprie risorse al servizio sanitario questo diventa il banco di prova delle nuove regole, soprattutto nel momento in cui si sta applicando la riforma del titolo V della Costituzione. Per Gianfrate “Sono individuabili, di fondo, due modelli principali: quello basato sulla equiparazione competitiva degli erogatori in cui la regione fa da arbitroregolatore (Lombardia) che dovrebbe funzionare sulla concorrenza competitiva basata sulla efficacia ed efficienza (costi, prezzi, qualità) e quello della programmazione negoziata e contrattata tra regione e proprie unità funzionali erogatrici (Asl ed ospedali), nel quale l’operatore privato accreditato può essere più o meno presente. Il modello della libera concorrenza è notoriamente più difficile da fare funzionare perchè, come noto, in sanità è l’offerta che trascina la domanda e che l’offerta privata fa esplodere la domanda (Legge di Buchanan, Nobel per l’economia) e diventa utile solo se in un contesto di regole e, soprattutto controlli di comportamento. Inoltre il modello lombardo funziona a fronte di una programmazione che deve essere totalmente indipendente dall’offerta, escludendo quindi qualunque tipo di integrazione verticale tra programmazione della domanda ed offerta, pena la commistione tra chi paga e chi eroga, che pur potendo mantenere un buon grado di efficacia annulla il beneficio di efficienza. Dall’analisi delle normative regionali adottate se ne trae un giudizio di disparità tra le varie regioni non tanto nel livello delle prestazioni offerte, nell’insieme piuttosto omogenee, quanto nelle modalità qualitative e quantitative di finanziamento e di pagamento delle stesse, difformi in modo rilevante tra regione e regione”. Per Carlo Borsani “ Sui modelli sanitari si è consci delle difficoltà che il modello lombardo comporta in termini di gestione, si ritiene però che i principi della libertà di scelta dell’utente e della concorrenza competitiva controllata siano irrinunciabili. La Regione deve sviluppare il ruolo di regolatore e controllore «terzo», imparziale del sistema, non svolgendo quindi attività e funzioni di gestione di servizi, che sono potenzialmente motivo di conflitto d’interessi. In questo scenario si conferma la necessità di assicurare il coordinamento delle Asl in quanto terminali sul territorio della politica sanitaria della Regione, pur lasciando spazi importanti di programmazione alla autonomia aziendale, compartecipata dagli enti locali territoriali. Sarà assolutamente inevitabile dover scontare, nel momento di maggiore responsabilizzazione dei livelli regionali, una differente velocità di adeguamento delle singole regioni alle sfide che il sistema impone. Ciò comporterà per le regioni più avanzate l’ulteriore responsabilità di contribuire alla crescita delle regioni più deboli, fuori dalla logica assistenzialistica ma all’interno di una progressiva presa di coscienza delle possibilità che ciascuna regione, al suo interno, riuscirà a sviluppare. Resta irrinunciabile il valore il valore del servizio sanitario nazionale”.