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RESPINTO IL RICORSO DI FEDERFARMA

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“Il ricorso in epigrafe non ha pregio e va integralmente disatteso” si legge nella sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio, pronunciata il 10 gennaio 2002 e depositata il 22 u.s. Assodata la potestà regolamentare del Ministero, la sentenza recita: “Pertanto è legittima la previsione dell’impugnato DM in ordine alla facoltà delle strutture veterinarie d’approvvigionarsi di farmaci per uso umano direttamente presso la filiera di distribuzione di tali medicinali. Il DM impugnato muove invero dalla necessità di dettare al riguardo una disciplina di respiro più ampio rispetto alla mera normazione di dettaglio ed esecutiva, all’uopo prevedendo, per tali strutture un’unica modalità d’approvvigionamento dei farmaci utilizzabili soltanto in quell’ambito indipendentemente dal fatto che siano medicinali registrati ad uso umano, o meno. Si tratta , insomma di unificare tale modo d’approvvigionamento non solo alla natura dei farmaci ad uso umano detenibili dalle strutture veterinarie- ossia dei soli medicinali cedibili ad ospedali ed a case di cura e, quindi già di per sé non acquistabili presso le farmacie, ma anche dalla modalità con cui le strutture stesse possono rifornirsi dei medicinali ad uso veterinario , ossia mercè in rapporto diretto con i rivenditori all’ingrosso ai sensi dell’articolo 32 , c. 2 del DLG 119/1992. La necessità dell’unicità delle procedure di rifornimento, anche per i farmaci ad uso umano ( nella specie, attraverso la filiera di distribuzione del farmaco umano) e, quindi, la conseguente drastica semplificazione degli obblighi in capo alle strutture ex art. 34 del DLG 119/1992 scaturisce altresì, come rettamente fa rilevare il Ministero intimato dalla particolare tipologia dei farmaci umani impiegati nell’attività veterinaria non disponibili in farmacia perché non cedibili al pubblico, essendo per lo più destinati per terapie e patologie ad alta e specifica rilevanza. E ciò non volendo considerare che questi sono medicinali di non facile reperibilità anche per le stesse farmacie che a loro volta dovrebbero dotarsene per poi rivenderle solo quando le strutture ex art. 34 del DLG 119/1992 gliene facciano richiesta con conseguente gravi difficoltà di rinvenimento. Diversamente argomentando, si perverrebbe ad imporre alle strutture stesse una, certo stravagante procedura d’approvvigionamento dei farmaci ad uso umano ex art. 17, c. 6 del DM 306/2001, non liberamente vendibili in farmacia, soltanto preso queste ultime, ampliando le facoltà di esse e negando di fatto l’applicabilità delle regole ex DLG 119 /1992 sull’uso c.d. improprio del farmaco umano. (…) Parimenti da rigettare è il secondo mezzo d’impugnazione con cui la ricorrente Federfarma contesta l’articolo 17 c.3 del DM 306/2001 laddove questa disposizione oltre che in violazione sulle regole del monopolio di fatto nasconde la possibilità per il medico veterinario di cedere al dettaglio i medicinali della sua scorta senza limiti temporali o di quantità. La doglianza è del tutto infondata perché la cessione ex art. 17 c. 3: A) riguarda un animale in cura B) è effettuata solo se l’intervento professionale lo richiede C) avviene mediante un farmaco appartenente alla scorta del medico veterinario curante già utilizzato per iniziare la terapia, D) avviene in attesa che il proprietario dell’animale si procuri le confezioni per il proseguimento della terapia. In concreto, si tratta di una norma ad efficacia evidentemente cautelare in base alla quale il medico veterinario non solo non pone in essere una compravendita del farmaco, ma cede secondo il suo giudizio medico –professionale ed etico solo quella quantità di farmaco già iniziato, sufficiente per mantenerne la terapia già iniziata fintanto che il titolare dell’animale in cura acquisti le ulteriori dosi di medicinale necessarie per proseguirla senza ulteriore scopo d’elusione del monopolio delle farmacie in soggetta materia. La previsione normativa di una misura terapeutica cautelare o interinale, da parte del medico curante e sotto la sua specifica responsabilità, non implica alcun sovvertimento della regola della terapia, quando la misura serva ad evitare mercè la somministrazione immediata di determinati farmaci danni più gravi nell’organismo malato. Inoltre detta cessione, peraltro meramente eventuale, si verifica solo in presenza di una situazione di necessità tale da non consentire il differimento nella somministrazione dei farmaci senza grave rischio per la salute dell’animale in cura , specie se si tiene conto, del fatto che secondo l’id quod plerumque accidit l’inizio delle terapie potrebbe avvenire in località isolate o laddove non sia facile raggiungere le farmacie per reperire il medicinale occorrente”.(…) Il testo integrale della sentenza verrà pubblicato su Professione Veterinaria 1/2002.