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SESTA EDIZIONE 2021

Le strutture veterinarie nella nuova indagine Anmvi

Le strutture veterinarie nella nuova indagine Anmvi
Crescono gli investimenti delle strutture veterinarie italiane in attrezzature specialistiche e tecnologicamente all'avanguardia per la cura degli animali da compagnia. La nuova ricerca dell’ANMVI sull'attività delle strutture veterinarie italiane mette in luce un settore in espansione e resiliente nella tradizione. Anticipazioni su dati e valutazioni d'insieme. Prestazioni veterinarie sempre più avanzate. Inespresso il pieno potenziale del volume d'affari. La pandemia? Per il mercato è alle spalle. Anteprima in occasione di Zoomark International.


Un settore espansivo che negli ultimi tre anni ha investito sull’innovazione tecnologica e che ha sviluppato una consistente offerta di prestazioni specialistiche:quello delle strutture veterinarie italiane per la cura degli animali da compagnia è un settore in crescita nei numeri e nello sviluppo. Il quadro esce dalla nuova indagine dell'ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani) sulle strutture veterinarie  per animali da compagnia. Una sintesi dell'indagine "La Veterinaria italiana dopo Covid-19" sarà presentata in anteprima a Zoomark International 2021, nel corso della conferenza inaugurale della manifestazione e del lancio del nuovo Rapporto Assalco-Zoomark dedicato al comparto del pet food e del pet care.

Crescono gli investimenti-  Per quattro Medici Veterinari su dieci l’attività professionale è aumentata "significativamente" negli ultimi due anni, nonostante la pandemia, a riprova del professionismo e della dinamicità di un settore pur consolidato nelle sue caratteristiche tradizionali. Una crescita del volume di prestazioni -che precede la crisi pandemica del 2020- e che si spiega con due fattori principali: da un lato gli importanti investimenti economici affrontati dalle strutture veterinarie italiane negli ultimi tre anni per innalzare le prestazioni all'avanzamento scientifico della medicina veterinaria e dall'altro l'aumento della domanda di prestazioni di cure avanzate. Due fattori che si intrecciano e che si influenzano a vicenda.

Stabile il margine economico- Il rovescio della medaglia è una battuta d'arresto nella crescita del margine di rientro economico delle strutture: l'aumento delle spese di investimento e dei costi di ammortizzazione non risulta proporzionalmente compensato da un aumento delle entrate nè dal pieno realizzo del volume d'affari potenziale. Già prima della pandemia, le prestazioni veterinarie sono rimaste bloccate su valori proporzionalmente inferiori agli sforzi di investimento mediamente sopportati da tutte le strutture veterinarie indipendentemente dalla tipologia (ambulatorio o clinica) e dalla configurazione giuridica (associazione professionale o società di capitali). Pesano a livello generale una generale tendenza al contenimento dell'impatto di spesa per il proprietario e il timore dell'impoverimento economico post covid.

Inespresso il pieno potenziale del volume d'affari-  Lo sviluppo della dimensione specialistica è un riflesso della crescita scientifica e tecnologica della medicina veterinaria e di una domanda di cure veterinarie sempre più esigente oltre la soglia della medicina di base. L’83% delle strutture italiane eroga consulenze specialistiche, il 64% chirurgia avanzata. All’interno delle strutture si osserva una generale ristrutturazione della dotazione soprattutto nella diagnostica (ecografo, radiografico, elettrocardiografo) e nella chirurgia (l’apparecchio per l’anestesia gassosa segna un balzo d’ingresso nella dotazione strumentale, con valori più significativi nelle cliniche). Tuttavia, gli sforzi d'investimento non si riverberano ancora sulla consistenza del volume d'affari, rimasto in linea con i valori pre-pandemia: l’ambulatorio ha un giro d’affari medio di 103mila euro/anno, la clinica di 245mila/ anno. La crescita più significativa la esprimono (58%) le strutture che si collocano in una fascia di volume d'affari superiore ai 70mila euro.

Quante sono le strutture veterinarie italiane? Il campione di riferimento dell’indagine di ANMVI è stato costruito su dati Seat PG/Italiaonline, il data base delle utenze telefoniche veterinarie (9.400 utenze).
Grazie al sistema informativo della ricetta veterinaria elettronica, il Ministero della Salute fornisce dati più accurati e grazie al Centro Nazionale Servizi - che gestisce la Rev presso l’IZSVE di Teramo registra, in relazione alla gestione del farmaco veterinario, le strutture autorizzate- i dati (ottobre 2021) indicato un totale di 8.596 strutture veterinarie.

Prevale il modello tradizionale- Le strutture veterinarie italiane sono in maggioranza semplici (ambulatori/studi) e quando non sono rette da un solo titolare preferiscono la formula della associazione professionale a quella societaria. Le nuove forme di business in chiave di aggregazione professionale stentano a decollare, come pure le nuove stp (società tra professionisti).
L'analisi per tipologia continua a mostrare una netta prevalenza di ambulatori  (74%), seguita da cliniche (19%). Nessuna variazione significatica nelle dimensioni: una struttura tradizionale (studio/ambulatorio)
ha una dimensione media di 89 mq.

Le risorse professionali- All'interno della struttura, la media è di 3,2 compreso il titolare. Il 73% dei titolari non ha dipendenti laici (la media nazionale dei dipendenti non Veterinari è dello 0,5%). Quanto alla presenza strutturale di soci/associati, prevalgono le strutture con 1 solo socio/associato (59% dei casi), seguite da un 28% che ne conta al massimo fino a 2. Il numero dei titolari con 3 o 4 soci/associati è residuale. Fanno un lieve balzo i tirocinanti ospitati dal 31% delle strutture (erano il 21,5 nel 2018) arrivando a segnare la percentuale di presenza più alta dal 2005 ad oggi.

I pazienti pet- L’espansione del settore va anche messa in relazione con l’aumento del numero dei pazienti animali, quasi esclusivamente cani e gatti, mentre gli animali “esotici” da compagnia (conigli e roditori ai primi posti) segnano una leggera flessione: sono il 23% i Veterinari che trattano anche questi pazienti rispetto al 27,5% del 2018. È la prima flessione dopo un decennio di crescita costante.
I veterinari per animali da compagnia si confermano orientati in modo netto verso la cura esclusiva di pet e di cani e gatti in percentuale dominante (75%).

Prestazioni accessorie- Rispetto alle prestazioni cliniche "core", si presentano meno dinamiche le prestazioni collaterali all’attività di cura (servizi e prestazioni accessorie). Continua il trend di crescita
per la dispensazione di farmaci all’interno delle strutture veterinarie; inizia a segnare un incremento significativo il servizio di pet corner sia pure frenato da prevalenti difficoltà logistiche e organizzative.

La scelta dei fornitori- La crescita degli investimenti si riflette sul cambiamento nei rapporti con i fornitori. Cresce il fattore fiducia nei rapporti con i fornitori, a scapito di altri. Per il 56% dei titolari la fiducia è diventato il criterio principale di scelta, superando per  importanza il criterio del rapporto qualità prezzo (criterio indicato dal 49% dei titolari).

Pubblicazione e download- L'indagine completa "La Veterinaria italiana dopo Covid-19-  Le attività delle strutture veterinarie italiane per animali da compagnia" sarà pubblicata sul sito istituzionale dell'ANMVI. Una sintesi è riportata sul numero 36 della rivista Professione Veterinaria, on line dal 10 novembre.
VI Indagine a cura di ANMVI
Progettazione: Antonio Manfredi
Realizzazione: Antonella Cassinari - Research & Consulting (ESOMAR Member)
Interviste: NG Infogroup