Concetti come "benessere animale", biosicurezza, protezione al macello, valutazione del rischio, sicurezza alimentare e "veterinario aziendale" non sono stati lontanamente citati nemmeno dall'unico medico veterinario intervistato, impegnato invece a sostenere le tesi del servizio televisivo.
Se ormai non sorprende più il comportamento di testate giornalistiche sempre più improntate all'info-tainment, la professione veterinaria non può rendersi alleata di messaggi ideologici e di generalizzazioni che danneggiano un intero comparto economico; un settore nel quale, tutti i giorni, medici veterinari, pubblici e privati, concorrono ad innalzare gli standard di buone pratiche di allevamento e benessere animale, contro gli scenari cinicamente rappresentati dal TG1.
"Non possiamo accettare- dichiara la SIVAR Società Italiana Veterinaria per Animali da Reddito- che la nostra professione, che già soffre di una insufficiente visibilità mediatica, subisca danno proprio da un Collega. Di tutto abbiamo bisogno come professionisti e come Paese tranne che di condannare un comparto già in crisi. Denunciare illeciti e abusi è un dovere, ma è un dovere anche non tacere di chi li contrasta. Da un Collega ci saremmo aspettati di sentire dire dello sforzo, la fatica e l'impegno quotidiano di centinaia di medici veterinari pubblici e privati che in allevamento e al macello applicano le leggi, la deontologia professionale, le norme sul benessere e sulla sicurezza alimentare e che fanno dell'aggiornamento scientifico permanente un sacrificio personale per tenere a livelli di eccellenza le produzioni zootecniche del nostro Paese. Altrettanto grave che il servizio pubblico- è la conclusione- si adagi su posizioni parziali e banalizzi una situazione complessa incurante dei danni economici che può causare".
La SIVAR auspica comportamenti deontologicamente più professionali quando si indossa un camice bianco in TV e un richiamo generalizzato ad un utilizzo più responsabile del mezzo televisivo da parte di tutti.