• Utenti 11
  • Articoli pubblicati dal 4 novembre 2001: 31397

+++ Le pubblicazioni riprenderanno con regolarità dopo la pausa estiva +++  

PIT BULL: IL PARERE DI SCIVAC E SISCA

Immagine
Per la Società Culturale Italiana Veterinari per Animali da Compagnia ( SCIVAC) e per la Società Italiana di Scienze Comportamentali Applicate (SISCA) “la recentissima Ordinanza emessa dal Ministro della Sanità il 9 settembre e poi corretta nei giorni seguenti era l'inevitabile risposta a una serie di episodi segnalati dalla stampa che hanno scosso l'opinione pubblica e in qualche modo obbligato a una risposta in termini legislativi”. Questa la premessa del comunicato stampa trasmesso oggi agli organi di informazione dalle due Società, che sull’argomento fanno numerose puntualizzazioni: “ L'estrema generalizzazione riguardo alla potenziale pericolosità delle razze appartenenti ai primi due gruppi FCI, gruppi all'interno dei quali sono presenti razze come il Terranova, il Border collie, il Bernese, il Bobtail, l'Alano e finanche il Pastore Bergamasco, genera incertezza e inquietudine in tutti coloro che fanno parte del mondo cinofilo: proprietari, veterinari, allevatori e addestratori. Certamente dovremo aspettarci, nei prossimi giorni, una lista delle razze con spiccate attitudini aggressive ma...chi la compilerà? E ancora, perché citare solo i primi due gruppi? La serie di aggressioni, alcune delle quali efferate, di cui si sono resi protagonisti cani di tipo pit-bull hanno messo in evidenza come questi cani, sfuggiti al controllo o addirittura vaganti liberi, appartenevano per lo più a persone che vivevano in condizioni di degrado sociale. Il vero problema da porsi è probabilmente quello di arginare la possibilità che questi animali, che certamente hanno una spiccata reattività e tendenza ad aggredire, finiscano nelle mani di persone non coscienti del loro grado di pericolosità e incapaci di gestirne praticamente il contenimento. I pit-bull quindi rappresentano una sorta di icona sintomo di disagio, o addirittura lucrosa fonte di denaro per malavitosi. Accogliamo perciò con favore il divieto di possesso di pit-bull a malavitosi e criminali, e ai minori (seppure per diverse ragioni), ma ribadiamo che si tratta di fenomeno circoscritto a particolari condizioni socio-culturali che non può coinvolgere o interessare il resto dell'umanità cinofila. Non si nega che i pit-bull siano stati modificati geneticamente al preciso scopo di ottenere individui caratterizzati da esagerata facilità ad accenderne l'aggressività, associata a bassa soglia di reazione e a perdita di alcuni sistemi di comunicazione sociale quali il riconoscimento dei segnali di resa. Queste peculiarità comportamentali rendono i soggetti di questa razza particolarmente difficili da controllare se non da persone esperte e ne hanno da sempre impedito il riconoscimento ufficiale in tutto il mondo. Se consideriamo la pericolosa convergenza tra la dimensione sociale dei più comuni proprietari di pit-bull e le peculiarità attitudinali di questi cani è evidente che il fenomeno meriti un interesse specifico e circostanziato. La confusione che si opera tra la dimensione pit-bull (malavita, disagio, incuria e incustodia, incentivazione dell’aggressività, combattimenti) e la pet-ownership propria dei normali proprietari di cani (tutt’altro che interessati a incentivare certe situazioni) è uno dei punti di debolezza di questo provvedimento. L’Ordinanza infatti penalizza le persone normali e non interviene o non dice come vorrebbe intervenire sulla dimensione pit-bull.Non si può quindi generalizzare questo problema a tutti i cani dei primi due gruppi, ammesso che ci sia poi un criterio per porre questo limite all'interno della varietà di razze riconosciute e presenti nel territorio nazionale. Non si può confondere il problema legato al tipo pit-bull, problema universalmente riconosciuto al di là delle nostre frontiere, con razze ufficialmente riconosciute allevate secondo i canoni della cinofilia sportiva. Preoccupa peraltro l’estrema leggerezza con cui gli organi mediali stanno affrontando la questione: da una parte attraverso l’idea antropomorfica della riabilitazione sociale dei pit-bull operata da alcune associazioni animaliste, affidando a inesperti il compito di riportare questi cani in famiglie con bambini (!), dall’altra nel creare una situazione di criminalizzazione generalizzata dei cani e dei proprietari di cani. Riteniamo che questo provvedimento possa solo smagliare l’intera filiera della cinofilia, creando una maggiore diffidenza/intolleranza verso i cani, autoimplementando di fatto la dimensione peggiore - quella pit-bull - non il corretto inserimento del “valore cane” all’interno della società, sia nella pet-ownership che nelle aree di valorizzazione sociale della relazione come la didattica e la pet therapy. Inoltre siamo preoccupati perché questa inapplicabile ordinanza darà il destro a persone intolleranti o a Comuni particolarmente zoofobi di applicare a macchia di leopardo provvedimenti o vessazioni oltremodo ingiusti verso altrettanto sfortunati cittadini che si troveranno a subire vere e proprie angherie sotto il vessillo dell’Ordinanza. Se l'intento del legislatore è quello di tutelare la salute pubblica non ci pare che questi provvedimenti, così come proposti nella loro ultima versione, possano veramente migliorare la situazione attuale. I rischi, nell'etichettare come pericolosi cani appartenenti a determinate razze, sono molti e vorremmo solo citarne alcuni: 1. Il rischio di aumentare l'appeal di certe razze nei confronti di persone che desiderano cani pericolosi e disincentivare sempre più, al contrario, l'interesse dei cinofili per le qualità di lavoro e le attitudini. Tutto questo influirebbe sulla qualità dell'allevamento e si rischierebbe di avere un mercato di cani pericolosi. A nulla varrebbero i divieti dell'articolo 1 comma b), come a nulla valgono attualmente, in quanto non c'è modo di dimostrare che una selezione o un incrocio sono o meno volti a sviluppare l'aggressività 2. Il rischio di incentrare la valutazione di pericolosità di un cane sulla sua appartenenza a una razza e non sulla valutazione delle singole situazioni. Questo potrebbe significare penalizzare cani buoni e padroni responsabili e non individuare le vere situazioni a rischio fino a quando non si è verificato un danno 3. Il rischio che i cani appartenenti a razze bollate come pericolose e quindi sottoposti alle norme citate nell'articolo due dell'Ordinanza vengano sempre più mantenuti isolati dagli altri cani, dalle persone e dalla realtà in generale. Con l'obbligo di uso contestuale di guinzaglio e museruola avremo un numero sempre maggiore di cani poco socializzati, poco abituati al contatto quotidiano e piacevole con altri cani e diversi tipi di persone, senza contare che la motivazione, per i loro padroni, a portarli a passeggiare ed educarli alla socievolezza diminuirebbe drasticamente 4. Il rischio di un incremento dell’abbandono di cani che inevitabilmente queste misure vessatorie (di conduzione e di proprietà) andranno a incentivare, peggiorando di fatto una situazione già al limite del collasso e creando nuove situazioni di pericolosità La commissione benessere si dissocia da questa ordinanza in quanto definisce un elenco di razze "pericolose" (e cioè tutte quelle appartenenti al primo e secondo gruppo FCI) e impone a tutti i soggetti appartenenti alle suddette di essere condotti in luogo pubblico imprigionati costantemente con guinzaglio e museruola : ciò è contrario a tutte le nozioni scientifiche riguardanti le necessità evolutive sociali e comportamentali della specie canina. Il cane è un animale sociale geneticamente adattato a vivere integrato con la nostra specie. Le sue principali caratteristiche sono: socievolezza, docilità, curiosità, adattabilità. Considerato che il comportamento è un carattere tassonomico, esso è universalmente riconoscibile in tutti gli individui salvo che siano allevati e detenuti in modo incompatibile con le loro necessità psicoevolutive, per esempio impedendo normali e continui rapporti intra e interspecifici. Guardiamo altresì con grande preoccupazione alla modifica di immagine che al nostro più antico animale domestico si viene ad attribuire, vanificando tutto quanto negli ultimi decenni i professionisti del settore hanno fatto per una miglior comprensione del rapporto con il cane, che costituisce per la gran parte dei 40 milioni di proprietari in Europa, un membro della famiglia. (comunicato stampa, SCIVAC-SISCA,17/09/2003)