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CORTE DI CASSAZIONE

Ucciso dai randagi: Asl e veterinari dovranno risarcire

Ucciso dai randagi: Asl e veterinari dovranno risarcire
La Asl dovrà risarcire e così pure i tre veterinari dipendenti. La Cassazione non sospende il versamento alle parti civili di "ingenti somme", per la morte di un bambino, sbranato dai cani a Scicli nel 2009, e per le lesioni ad altre persone, tutte morse da cani randagi. Nè la Asl nè i veterinari hanno dimostrato un danno irreparabile sui loro patrimoni.

La  quarta sezione penale della Cassazione non ha sospeso la condanna al risarcimento. La Asl deve versare le somme stabilite dalla Corte di Appello di Catania: "ingenti somme di denaro" a titolo di provvisionale (anticipo di risarcimento), in favore delle parti civili. E così pure i tre veterinari dipendenti. Questo il verdetto dell'ordinanza depositata ieri dalla Suprema Corte.

La vicenda- L'azienda sanitaria provinciale aveva presentato ricorso contro la decisione in Appello, ma la Cassazione ha confermato pagamento del dovuto ( ex articolo 612 del Codice di Procedura Penale) oltre agli interessi legali e alle spese processuali. La vicenda processuale attiene alla responsabilità colposa riconosciuta dalla Corte territoriale nei confronti dei veterinari dipendenti per la morte di un bambino sbranato, nel 2009,  a Scicli da cani randagi e per le lesioni riportate dalle altre parti civili, in conseguenza di cani randagi morsicatori. La Asl, ricorrrendo, aveva chiesto la sospensione dell'esecuzione della condanna civile; analoghi ricorsi erano stati presentati dai tre medici veterinari dipendenti dell'Azienda provinciale, coinvolti  nella vicenda.

Condizioni per la sospensione del risarcimento- La sospensione può essere decisa dalla Corte di Cassazione, senza contradditorio, una prassi che nel caso in questione non ha ribaltato il verdetto in Appello. L'Ordinanza depositata ieri, spiega che ai fini dell'accoglimento della richiesta di sospensione della condanna civile, la Asl ( e così i veterinari ricorrenti) avrebbe dovuto fornire la prova di una futura insolvenza- cioè dell'impossibilità concreta a risarcire-  oppure dimostrare "il pericolo di un danno grave e irreparabile" di tipo patrimoniale, derivante dall'esecuzione della condanna, cioè dal pagamento di una somma "spropositata" di denaro, tale da compromettere "in modo estremamente rilevante il patrimonio dell'obbligato". E anche in questo caso la Asl avrebbe dovuto dare prova di una grave compromissione patrimoniale.

Danno patrimioniale e insolvibilità non dimostrati- Ma "nessuno degli astanti ha fornito prova di danno grave e irreparabile", afferma la Cassazione. La Asl si è limitata al "mero dato oggettivo del quantum dovuto", senza dimostrare un'incidenza rilevante sul proprio patrimonio. Quanto ai veterinari dipendenti, essi  si sono limitati ad evidenziare, si legge nell'Ordinanza, "la notevole entità delle somme oggetto di condanna", reclamando l'impossibilità di farvi fronte "e ad allegare (senza però documentarlo) di vivere solo del proprio stipendio".


La massima
- "Deve ritenersi in tema di richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna civile che gravi sull'istante l'onere di dimostrare che la somma da versare abbia un'incidenza rilevante sul proprio patrimonio, non potendosi ritenere il «grave ed irreparabile» danno solo in base a considerazioni di carattere oggettivo". (Corte di Cassazione, Ordinanza n.18714 del 2 maggio 2018)

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