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DL FISCALE

L'equo compenso è legge dello Stato

L'equo compenso è legge dello Stato
Malgrado le segnalazioni del garante della Concorrenza, il Parlamento ha definitivamente approvato oggi le norme sull'equo compenso contenute nel Decreto-Fiscale. Il principio dell'equo compenso è legge dello Stato. Il testo.


Approvato senza modifiche dalla Camera, l'articolo 19 quaterdecies (Introduzione dell'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati) del Decreto Fiscale. Il testo del Governo, già approvato dal Senato con la fiducia, è stato licenziato oggi in via definitiva da Montecitorio.

Senza conseguenze sull'iter, dunque, le obiezioni che l'Antitrust aveva inviato ai Presidenti di Camera e Senato e al Premier Gentiloni. Sull'equo compenso- introdotto nell'ordinamento forense ed esteso a tutte le altre professioni (ordinistiche e non regolamentari) - pesa ora la difficoltà interpretativa di un testo che contiene norme -chiaramente incardinate nella legge della professione forense- da adattare alle altre professioni, specie per quanto riguarda le clausole vessatorie nei confronti dei "clienti forti".

L'equo compenso è invece un principio vincolante, a più chiare lettere,  per le pubbliche amministrazioni nei confronti dei professionisti: è considerabile "equo" un compenso che prenda a riferimento il decreto dei parametri giudiziali.

Da chiarire anche le ricadute della legge sulla sentenza del Consiglio di Stato che ha considerato legittimo, da parte di una Pubblica Amministrazione, bandire appalti e avvisi di gara rivolti a professionisti, al compenso simbolico di 1 euro, cioè in regime di gratuità della prestazione professionale. All'indomani della sentenza, il Sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore  si è impegnato in un "approfondimento normativo".

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Articolo 19-quaterdecies.
(Introduzione dell'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati).

1. Dopo l'articolo 13 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, è inserito il seguente:
«Art. 13-bis. — (Equo compenso e clausole vessatorie).
1. Il compenso degli avvocati iscritti all'albo, nei rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività di cui all'articolo 2, commi 5 e 6, primo periodo, in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, è disciplinato dalle disposizioni del presente articolo, con riferimento ai casi in cui le convenzioni sono unilateralmente predisposte dalle predette imprese.
2. Ai fini del presente articolo, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, tenuto conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6.
3. Le convenzioni di cui al comma 1 si presumono unilateralmente predisposte dalle imprese di cui al medesimo comma salva prova contraria.
4. Ai fini del presente articolo si considerano vessatorie le clausole contenute nelle convenzioni di cui al comma 1 che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell'avvocato.
5. In particolare si considerano vessatorie, salvo che siano state oggetto di specifica trattativa e approvazione, le clausole che consistono:
a) nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
b) nell'attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
c) nell'attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l'avvocato deve eseguire a titolo gratuito;
d) nell'anticipazione delle spese della controversia a carico dell'avvocato;
e) nella previsione di clausole che impongono all'avvocato la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell'attività professionale oggetto della convenzione;
f) nella previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
g) nella previsione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all'avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte;
h) nella previsione che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con il medesimo cliente, la nuova disciplina sui compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nella precedente convenzione, anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati;
i) nella previsione che il compenso pattuito per l'assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.
6. Le clausole di cui al comma 5, lettere a) e c), si considerano vessatorie anche qualora siano state oggetto di trattativa e approvazione.
7. Non costituiscono prova della specifica trattativa ed approvazione di cui al comma 5 le dichiarazioni contenute nelle convenzioni che attestano genericamente l'avvenuto svolgimento delle trattative senza specifica indicazione delle modalità con le quali le medesime sono state svolte.
8. Le clausole considerate vessatorie ai sensi dei commi 4, 5 e 6 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto. La nullità opera soltanto a vantaggio dell'avvocato.
9. L'azione diretta alla dichiarazione della nullità di una o più clausole delle convenzioni di cui al comma 1 è proposta, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla data di sottoscrizione delle convenzioni medesime.
10. Il giudice, accertate la non equità del compenso e la vessatorietà di una clausola a norma dei commi 4, 5 e 6 del presente articolo, dichiara la nullità della clausola e determina il compenso dell'avvocato tenendo conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6.
11. Per quanto non previsto dal presente articolo, alle convenzioni di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del codice civile».

2. Le disposizioni di cui all'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, anche alle prestazioni rese dai professionisti di cui all'articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche iscritti agli ordini e collegi, i cui parametri ai fini di cui al comma 10 del predetto articolo 13-bis sono definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

3. La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

4. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.