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CASSAZIONE

Uccisione senza necessità, carcere ai veterinari Asl

Uccisione senza necessità, carcere ai veterinari Asl
"Sopprimere quei cuccioli". Apre le porte del carcere eseguire un ordine superiore illegittimo quando si è tenuti a conoscere la legge. Sentenza della Cassazione sui fatti accaduti a L'Aquila: uccisione "senza necessità".Inammissibile e infondato il ricorso.
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Due mesi e dieci giorni di reclusione. Questa la condanna inflitta dal Tribunale di L'Aquila e confermata in appello nel 2011 a due medici veterinari, il dirigente del Servizio Veterinario Asl e un suo dipendente, perché in concorso tra loro "senza necessità" (articolo 544 bis), avevano cagionato la morte di nove cuccioli di cane. La Terza Sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso degli imputati e con la sentenza depositata ieri ha dichiarato "manifestamente infondati" anche i motivi del ricorso.

Le ragioni degli imputati- Non accolte le ragioni di ordine sanitario e sociale fatte valere dagli imputati- secondo i quali "la persona che aveva lasciato intendere di essere proprietario aveva contattato la ASL per liberarsi degli stessi e non c'era la possibilità di collocare i cuccioli nel canile e comunque avrebbero potuto creare problemi in quanto veicolo di malattie tipiche dei randagi". Il veterinario dipendente, esecutore dell'ordine di soppressione, non ha potuto nemmeno far valere il fatto di aver adempiuto un dovere ai sensi dell'articolo 51 del CP e di essere "convinto di effettuare una soppressione in caso di necessità". Al suo superiore- detto dai difensori- si sarebbe potuto al massimo ascrivere la colpa di non essersi accertato della sussistenza del diritto di proprietà " e quindi di essere caduto in errore circa l'assenza di necessità". L'ordine era "palesemente illegittimo", l'invocazione del dovere non tiene, "anche perché contrario alla disciplina regionale, ben conosciuta dallo stesso, attesa la professione esercitata".

La nozione di "necessità" - Viene chiarita dalla Cassazione: secondo la quale vi rientra lo stato di necessità previsto dall'articolo 54 CP ed ogni altra situazione che induca all'uccisione o al maltrattamento dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile". La soppressione dei novi cuccioli invece "era risultata tutt'altro che invitabile per la tutela di valori giuridicamente significativi, requisito che solo rende effettiva e non altrimenti superabile, una situazione di necessità". I cuccioli erano "in buona salute, accuditi da volontari, collocati all'interno di un terreno recintato, non sussistendo nessun pericolo, se non ipotetico, né per la circolazione stradale né per la salute delle persone e di altri animali, non potendosi certo parlare di animali inselvatichiti, in grado di porre in pericolo l'ordine sanitario sociale.

Per la Cassazione, la condanna dei due veterinari "è fornita di un ampio corpus motivazionale, di perfetta tenuta argomentativa". Come il giudice aquilano, la Cassazione ha solo escluso l'elemento psicologico dell'uccisione "per crudeltà".

La massima- Scatta la reclusione per il dipendente Asl che senza necessità, eseguendo un ordine del responsabile del servizio sanitario, causa la morte di un animale. La stessa condanna va applicata anche al dirigente che, in concorso con il sottoposto, ignorano del tutto che la soppressione è contraria al dettato di una legge regionale (n. 281/1991). (Sentenza 39053, sezione Terza penale, del 23-09-2013)