E' legge l'emendamento, presentato dal Governo e approvato da entrambe le Camere, che riordina il Ministero della Salute. Gettate le basi per una riorganizzazione che recupera la struttura dipartimentale vigente fino al 2014. Il Ministero si articolerà in quattro dipartimenti e 12 uffici dirigenziali generali. Attuazione demandata a successivi regolamenti.
La riorganizzazione del Ministero della Salute - definitivamente approvata dal Parlamento- entrerà pienamente in funzione all'emanazione di successivi regolamenti di organizzazione adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della Salute e previo parere del Consiglio di Stato. L'orizzonte temporale è fissato al 30 giugno 2023.
Il Ministero si articolerà in quattro dipartimenti e dodici uffici dirigenziali generali. Si torna al modello organizzativo dei Dipartimenti vigente fino al 2014, con abrogazione della posizione di Segretario generale, un ruolo attualmente ricoperto da Giovanni Leonardi, operante alle dirette dipendenze del Ministro, con funzioni di coordinamento delle attuali dodici direzioni generali del Dicastero. Gli uffici dirigenziali generali sono attualmente 15.
I Dipartimenti saranno disciplinati come prevedono gli articoli 4 e 5 del Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300. In particolare, ai dipartimenti sono attribuiti compiti concernenti grandi aree di materie omogenee. Ogni dipartimento svolge un ruolo di indirizzo e di coordinamento delle unità in cui è articolato, gestendo le risorse strumentali, finanziarie ed umane di propria attribuzione. Ciascun Dipartimento è coordinato da un Capo dal quale dipendono funzionalmente gli uffici di livello dirigenziale generale.
La dotazione organica della dirigenza di livello generale del Ministero della salute è incrementata di una unità, con contestuale riduzione di quattro posizioni di dirigente sanitario complessivamente equivalenti sotto il profilo finanziario e di un corrispondente ammontare di facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.
Dall’attuazione della riorganizzazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.