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CRISI DEL LATTE

Antitrust: incrementare l'efficienza degli allevamenti

Antitrust: incrementare l'efficienza degli allevamenti
Conclusa l'indagine conoscitiva sulla filiera lattiero-casearia e sul prezzo del latte. Il Garante della Concorrenza: la ristrutturazione come risposta alla concorrenza europea nell'era post-quote latte. La filiera nazionale è più costosa che in Francia e Germania. Gli allevamenti puntino ad incrementi di efficienza gestionale.

Promuovere una normativa sull' etichettatura e la tracciabilità, incoraggiare forme volontaristiche di valorizzazione e riconoscimento dell’origine nazionale, migliorare l'efficienza degli allevamenti. A conclusione dell’indagine avviata nel maggio 2015, l’Antitrust presenta la propria ricetta anti-crisi e le conclusioni sul funzionamento economico della filiera del latte.

Se è vero che lo smantellamento del sistema delle quote e la progressiva apertura dei mercati europei alla concorrenza internazionale, hanno penalizzato "nel breve periodo, la redditività degli allevamenti", per l'Antitrust questo scenadio " può costituire un incentivo a una ristrutturazione settoriale che faccia recuperare competitività all’intera filiera lattiero-casearia nazionale, innescando meccanismi di selezione di quegli operatori che abbiano maggiori capacità di confrontarsi con il mercato".

L’indagine dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva l’obiettivo di accertare le problematiche che incidono sulla formazione dei prezzi, in  particolare, sul divario esistente fra l’andamento dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari e il prezzo che i trasformatori corrispondono agli allevatori nazionali per la vendita del latte crudo.

Efficenza e consulenza- L'Antitrust incoraggia il Mipaaf ad  incentivare gli allevatori ad ottenere tutti i possibili incrementi di efficienza che possano dipendere da: criteri di gestione delle stalle, tecniche di alimentazione, miglioramento genetico, ecc.. In particolare, uno sforzo congiunto delle organizzazioni e strutture che forniscono servizi al settore agricolo andrebbe compiuto per agire su ogni singolo elemento che incide sulla struttura di costo degli allevamenti nazionali, tra i quali ad esempio: i costi della rimonta, la durata della carriera produttiva delle bovine, lo smaltimento e la riutilizzazione dei reflui, ecc..
In tal senso, andrebbero quindi adeguatamente supportati gli organismi, strutture o istituzioni in grado di fornire specifici servizi di consulenza e formazione alle imprese agricole, fornendo loro collegamenti e possibilità di confronto con le migliori esperienze sviluppate a livello nazionale e internazionale e incrementandone di conseguenza il know how tecnico e gestionale.

I costi e gli spazi di miglioramento- Con specifico riferimento ai costi di produzione, tutte le organizzazioni agricole hanno concordato sul fatto che vi siano diversi fattori “strutturali” che incidono sulla
minore efficienza degli allevamenti nazionali rispetto a quelli d’oltralpe, quali ad esempio la  dipendenza dall’esterno dell’azienda nell’acquisto di mangimi, gli elevati costi della pubblica amministrazione, dell’energia, del rispetto delle normative ambientali e sanitarie, i maggiori costi della c.d. “rimonta”, ecc.. Tuttavia, esse hanno anche concordato sull’esistenza di fattori sui quali è possibile agire per incrementare l’efficienza degli allevamenti nazionali, come suggerito dall'Antitrust.

Concentrazione- L'Autorità “ritiene fondamentale che, nell’ambito del processo di riorganizzazione del settore, vengano create e riconosciute diverse organizzazioni di produttori (OP), in grado di realizzare sia un’effettiva concentrazione dell’offerta di latte sia un accentramento di alcune funzioni e servizi aziendali”. Sulla linea indicata dall’Unione europea, questa operazione potrà essere di tipo logistico, organizzativo, finanziario e anche di prima trasformazione del prodotto, con l’obiettivo di “incrementare l’efficienza delle singole imprese appartenenti a ciascuna organizzazione”.

Troppa frammentazione- L'Italia-  secondo le risultanze dell’indagine Antitrust - risente della crisi del latte più degli altri Paesi europei: “I costi di produzione nazionali – rileva l’Agcm – sono mediamente più elevati (di circa 5 centesimi di euro al litro) rispetto a quelli degli altri principali produttori europei, tra cui – in particolare – Francia e Germania”.
A fronte di una “frammentazione molto elevata” che conta circa 34mila imprese produttrici, la maggioranza delle quali di dimensioni ridotte in termini di produzione e capi di allevamento, “si contrappone una domanda più concentrata, rappresentata da circa 1.500 acquirenti”. Da questa situazione, deriva che “le aziende agricola conferiscano l’intera produzione di latte a un unico acquirente e le imprese di trasformazione abbiano invece numerosi fornitori”.

Lactalis, riferimento delle negoziazioni. Sotto il profilo concorrenziale non sono emersi particolari elementi di criticità nei meccanismo di trasmissione delle oscillazioni dei costi nei settori a valle della filiera”. Nessuna delle sue componenti, infatti, “appare in grado di generare e trattenere stabilmente extra-profitti a scapito degli operatori che operano nei mercati a monte dell’approvvigionamento”.
Quanto alla “tendenziale uniformità nell’andamento dei prezzi di acquisto del latte crudo alla stalla, appare riconducibile alla prassi instauratasi nel settore di rendere pubbliche le condizioni negoziate tra il principale acquirente nazionale, il Gruppo Lactalis, e le associazioni di parte agricola, utilizzandole come punto di riferimento per tutte le altre negoziazioni”. Le modalità di contrattazione in Italia sono ancora “sostanzialmente improntate alla vecchia logica dell’accordo interprofessionale”. E quindi possono essere “oggetto di specifica valutazione da parte dell’Autorità, al fine di verificare la coerenza con il combinato disposto delle norme antitrust in tema di intese e del quadro normativo comunitario in materia di mercati agricoli”.

Tutela della parte contrattuale debole - “Le analisi e le considerazioni svolte nell’ambito dell’indagine portano a escludere che le stime sui costi medi di produzione possano essere utilizzate come un parametro di confronto automatico, al di sotto del quale il prezzo di acquisto del latte applicato dall’industria debba essere necessariamente considerato un’imposizione illecita”. 
La normativa specifica (art. 62 del D.L. n.1/2012) “sembra trovare un suo ambito di applicazione più naturale nell’accertamento che le negoziazioni caratterizzate da significativo squilibrio siano improntate a criteri di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni”; più in particolare, l’Antitrust, tenendo conto altresì dell’attuale situazione di mercato, ha ribadito l’importanza che nei contratti di cessione del latte si rispettino le condizioni fissate dalla normativa italiana, che obbliga, tra l’altro, alla forma scritta e alla durata minima annuale.

Un ruolo importante nella definizione dei criteri di contrattazione, secondo l’Antitrust, può essere svolto dalle organizzazioni interprofessionali (OI), a condizione che siano sufficientemente rappresentative di tutte le categorie interessate. “Le OI, pertanto, pur senza negoziare il prezzo di vendita, potranno definire i requisiti di forma che dovrà avere il contratto, i suoi contenuti minimi e le modalità con le quali i diversi prezzi negoziati potranno variare nell’ambito del periodo di validità del contratto, anche eventualmente sulla base di meccanismi di indicizzazione concordati” che potrebbero essere utilmente realizzati da ente pubblico terzo come ISMEA.

Le proposte dell'Antitrust- L’Autorità ribadisce in primo luogo la necessità di prevedere strumenti di tutela del comparto agricolo che non disincentivino la competizione sull’efficienza delle aziende lattiere nazionali, inibendo il virtuoso processo di concentrazione degli allevatori già in atto”. In secondo luogo, l’Agcm “ribadisce la necessità di un utilizzo più mirato dei fondi comunitari e nazionali indirizzati alla ristrutturazione settoriale”.
Tra le proposte operative contenute nell’indagine dell’Antitrust, si segnalano in particolare:
-incentivare la costituzione di OP di dimensione adeguata che non si limitino a centralizzare la trattativa con l’industria;
-favorire l’installazione di alcuni impianti di polverizzazione del latte; promuovere la costituzione di uno o più fondi assicurativi di natura mutualistica;
-incrementare l’efficienza degli allevamenti, con un impegno congiunto del Ministero delle Politiche agricole e delle organizzazioni di categoria;
-prevedere strumenti adeguati e mirati di welfare agricolo, per sostenere il reddito degli allevatori nelle zone svantaggiate;
-proseguire la promozione di una normativa più rigorosa in termini di etichettatura e tracciabilità del prodotto;
-incentivare la ricerca e l’innovazione, per immettere sul mercato prodotti a più elevato valore aggiunto;
-favorire le esportazioni e la penetrazione su nuovi mercati.
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INDAGINE CONOSCITIVA SUL SETTORE LATTIERO-CASEARIO
SINTESI DELLE CONCLUSIONI E DELLE PROPOSTE