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IL TESTO DELLA SENTENZA

Vaccino, Consiglio di Stato spiega obbligo per i sanitari

Vaccino, Consiglio di Stato spiega obbligo per i sanitari
Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello di un gruppo di professionisti sanitari non vaccinati contro Sars-CoV-2. Nonostante l'eterogeneità delle loro qualifiche, gli appellanti hanno portato avanti collettivamente la loro causa, sentendosi tutti ugualmente sottoposti ad un medesimo obbligo che non fa differenze fra sanitari dipendenti e professionisti privati. E' l'unico punto sul quale hanno avuto il Consiglio di Stato dalla loro parte.


Il Consigliere di Stato Massimiliano Noccelli, estensore della sentenza del 20 ottobre, ha fissato i motivi di legittimità dell'obbligo vaccinale per i sanitari secondo la Terza Sezione del Consiglio di Stato. Palazzo Spada ha dato ragione agli appellanti solo su un punto: la forma collettiva del ricorso (erroneamente rigettata dal primo Giudice). Infatti, tutti i ricorrenti - in parte dipendenti pubblici e in parte privati- sono destinatari dell'obbligo vaccinale previsto dall'articolo 4 del DL 44/2021  "indistintamente" e  "nonostante la diversa categoria professionale".
Una comunanza che rende "irrilevante" la qualifica professionale e anche il diverso concretizzarsi delle conseguenze sanzionatorie per mancata vaccinazione.

Una "sostanziale ingiustizia"- I ricorrenti contestavano "l’intera azione amministrativa posta in essere dalle Aziende Sanitarie". Sarebbe infatti "incompatibile" con il diritto eurounitario e con la Costituzione Italiana, la sospensione dal lavoro per inosservanza dell'obbligo vaccinale, sospensione che il Consiglio di Stato chiarisce essere una sospensione "dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2».

Obiezioni di ordine tecnico-scientifico- I ricorrenti sostengono che nonostante  il breve tempo di cui si sono potute giovare le case farmaceutiche, il legislatore ha previsto "un singolare obbligo vaccinale in danno degli operatori sanitari, costretti a sottoporsi ad uno dei quattro vaccini autorizzati in Italia senza avere la certezza della loro efficacia e sicurezza".
Il Consiglio di Stato argomenta diffusamente in sentenza che "l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata non è una scorciatoia incerta e pericolosa escogitata ad hoc per
fronteggiare irrazionalmente una emergenza sanitaria come quella attuale".
"Si deve respingere l’affermazione secondo cui i vaccini contro il Sars-Cov-2 siano “sperimentali”- afferma la sentenza- perché la procedura utilizzata (CMA, ndr) è una procedura alla quale è stato fatto un ampio ricorso – ben 30 volte – nel decennio tra il 2006 e il 2016 "con apprezzabili risultati".

Sul concetto di ordinamento democratico- Per il Consiglio di Stato "in un ordinamento democratico la legge non è mai diritto dei meno vulnerabili o degli invulnerabili o di quanti si affermino tali e, dunque,
intangibili anche in nome delle più alte idealità etiche o di visioni filosofiche e religiose". Un ordinamento democratico "tutela i più vulnerabili, dovendosi rammentare che la solidarietà è «la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dalla Costituzione»..

Il fenomeno della esitazione vaccinale nelle professioni sanitarie- In una emergenza pandemica, il fenomeno della vaccine hesitancy, non si può giustificare  né sul piano scientifico né sul piano giuridico "proprio nei medici e nel personale sanitario". Del resto, la storia delle vaccinazioni obbligatorie in Italia mostra come "il pendolo legislativo abbia oscillato tra la raccomandazione e l’obbligo, anche a fronte del crescente fenomeno della c.d. esitazione vaccinale (vaccine hesitancy), fenomeno manifestatosi fin sin dall’introduzione, nel Settecento, delle prime terapie vaccinali contro il vaiolo".
Il superamento dell’esitazione vaccinale negli operatori sanitari, mediante lo strumento della persuasione, avrebbe richiesto tempi incompatibili con l’emergenza epidemiologica in atto.

La vaccinazione obbligatoria selettiva - Obbligare selettivamente solo i sanitari "risponde ad una chiara finalità di tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata". Infatti per il Consiglio di Stato "è' lecito attendersi sicurezza quando ci si rivolge ad un sanitario" e quindi diventa "doveroso" per l’ordinamento prevenire il rischio connesso all’erogazione della prestazione sanitaria.
Sarebbe "un macabro paradosso" ammalarsi per il contagio di un medico. Una simile evenienza, che il legislatore ha voluto scongiurare, "costituirebbe (ed ha costituito) un grave tradimento di quella «relazione di cura e fiducia tra paziente e medico» e, più in generale, tra paziente e gli esercenti una professione sanitaria".

Il dovere di cura e la relazione di fiducia- Nel dovere di cura, che incombe al personale sanitario, rientra anche il dovere di tutelare il paziente, che ha fiducia nella sicurezza non solo della cura, ma anche nella sicurezza – qui da intendersi come non contagiosità o non patogenicità – di chi cura e del luogo in cui si cura, e questo essenziale obbligo di protezione di sé e dell’altro, connesso al dovere di cura e alla relazione di fiducia, non può lasciare il passo, evidentemente, a visioni individualistiche ed egoistiche, non giustificate in nessun modo sul piano scientifico, del singolo medico che, a fronte della minaccia pandemica, rivendichi la propria autonomia decisionale a non curarsi.

Autodeterminazione e interesse pubblico- Non può essere seguita la tesi degli appellanti, quando invocano la prevalenza del diritto di autodeterminazione a scapito dell’interesse pubblico alla vaccinazione obbligatoria degli operatori sanitari. Ecco perchè la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati.

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