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CONCORRENZA

'Italy' non è reato se sul marchio non c'è scritto 'made in'

'Italy' non è reato se sul marchio non c'è scritto 'made in'
Non è reato importare il prodotto cinese che ha "Italy" nel marchio se non c'è scritto anche «made in». Lo dice la Cassazione.
"Deve essere assolto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato l'importatore italiano di merce realizzata in Cina sotto il marchio che riporta la parola "Italy" di proprietà della società di cui egli è amministratore laddove detta merce non contiene etichette che indicano un falso luogo di produzione, dovendosi invece ritenere che detta condotta costituisca una fallace indicazione che integra unicamente un illecito amministrativo".

Questa la massima della Corte di Cassazione (sentenza della Terza sezione penale, del 15 dicembre scorso) secondo la quale la «fallace indicazione», in seguito alla depenalizzazione, integra un illecito amministrativo; l'illecito penale si configura quando l'etichetta attesta un falso luogo di produzione con riferimento all'Italia. La Corte ha accolto il ricorso dell'imprenditore per aver fatto arrivare nel nostro Paese trentadue cartoni di accessori in pelle che nel marchio contengono anche la parola "Italy" benché realizzati in Cina.

Il riferimento normativo sta nell'articolo 49 bis dell'articolo 4 della legge 350/03, la Finanziaria 2004, aggiunto dal comma 6 dell'articolo 16 del decreto legge 135/09, a sua volta modificato dal decreto sviluppo (comma 1 quater dell'articolo 43, del decreto legge 83/2012, nel testo integrato dalla legge 134/12). Dal combinato disposto delle norme discende, da un lato, che è stato depenalizzato l'uso ingannevole del marchio da parte delle aziende italiane, mentre resta di rilevanza penale l'uso indebito dell'indicazione «made in Italy». (fonte: cassazione.net)