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LO STUDIO

Nelle acque reflue cova la resistenza agli antibiotici

Nelle acque reflue cova la resistenza agli antibiotici
I ricercatori della University of Southern California hanno individuato, nei prodotti di trattamento delle acque, infatti, tracce di Dna resistente agli antibiotici.

Adam Smith, ricercatore che ha condotto l'analisi, spiega: "I sistemi ingegnerizzati di trattamento delle acque finiscono per essere una specie di letto caldo per la resistenza agli antibiotici".

La maggior parte degli antibiotici che consumiamo sono metabolizzati nel corpo. Tuttavia, piccole quantità vengono espulse e vengono poi trasportate negli impianti di trattamento delle acque reflue. Qui trovano batteri che consumano lo scarto. Mentre lo fanno si imbattono negli antibiotici ed esprimono geni di resistenza che riducono l'efficacia dei medicinali. Mentre il batterio mangia, si riproduce e cresce e si accumula la biomassa che, una volta trattata, viene smaltita in discarica o utilizzata come fertilizzante per l'agricoltura e per le colture di mangime per il bestiame.

In uno scenario analizzato, definito dagli studiosi come "più terribile", piccole quantità di batteri resistenti agli antibiotici possono uscire dall'impianto di trattamento attraverso la membrana di filtrazione e vanno a finire nelle fonti di acqua potabile. I ricercatori hanno notato una resistenza multi-farmaco in cui i batteri avevano geni che consentivano la resistenza a più classi di antibiotici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology. (ANSA)

Evaluating Antibiotic Resistance Gene Correlations with Antibiotic Exposure Conditions in Anaerobic Membrane Bioreactors