Oggi la Commissione Europea ha pubblicato alcuni orientamenti di sicurezza alimentare per la gestione degli alimenti donati nel commercio al dettaglio.
Favorire le donazioni alimentari rientra nelle politiche europee per l'economia circolare ed è un modo per evitare gli sprechi alimentari. Spesso le donazioni si realizzano nell'ambito del commercio a dettaglio, anche con l'intervento di organizzazioni di beneficienza, ponendo risvolti di sicurezza alimentare non trascurati dalla Commissione Europea che proprio oggi pubblica una
Comunicazione al riguardo.
Pur essendo tenuti ad applicare un
Food Safety Management System (FSMS), i commercianti al dettaglio (ad esempio supermercati, ristoranti, macellerie, panetterie, servizi di ristorazione di collettività, negozi di generi alimentari, pub ecc.) "sono spesso piccole imprese, prive delle conoscenze scientifiche e delle risorse per svolgere l'analisi dei rischi".
Il conseguimento degli obiettivi di sicurezza alimentare può essere ulteriormente complicato dal coinvolgimento di soggetti aggiuntivi (ad esempio banche alimentari e altre organizzazioni di beneficenza). Infatti, gli alimenti ridistribuiti per donazioni, possono essere vicini alla data di scadenza.
Per agevolare i commercianti al dettaglio nella conduzione di una analisi dei rischi, la Commissione ha fornito una serie di indicazioni per un FSMS basate su pareri dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e inquadrabili nel
Regolamento (CE) n. 852/2004, in particolare l’articolo 4 e l’allegato II per quanto concerne i requisiti generali in materia di igiene e l’articolo 5 per quanto riguarda le procedure basate sui principi HACCP.
Un FSMS semplificato può articolarsi attorno a 5 punti, così sintetizzati dalla Commissione
1) l’esercizio di commercio al dettaglio deve soltanto essere consapevole dei gruppi di pericoli (biologico, chimico, fisico o allergene) che possono verificarsi in una determinata fase, senza disporre di una conoscenza approfondita di ciascun pericolo specifico (ad esempio sapere che potrebbe esserci un rischio biologico associato alla carne cruda senza sapere però se potrebbe trattarsi di
Salmonella, Campylobacter o Escherichia coli produttore della tossina
Shiga); ciò è possibile perché le attività di controllo per ciascun gruppo di pericoli sono le medesime a livello di commercio al dettaglio;
2) l’esercizio di commercio al dettaglio deve comprendere che l’incapacità di svolgere determinate attività di riduzione dei rischi, come la separazione degli alimenti crudi da quelli pronti, costituisce un rischio;
3) valutare quando non è necessario applicare la classificazione dei rischi;
4) gli allergeni sono trattati come un pericolo separato, al contrario di un rischio chimico; e
5) i programmi di prerequisiti (PRP) devono essere sempre in atto e, se giustificato sulla base dell’esito dell’identificazione obbligatoria dei pericoli e (dall’assenza) dell’identificazione dei punti critici di controllo (analisi dei pericoli), tali PRP possono essere sufficienti e non necessitare di integrazione mediante ulteriori fasi nelle procedure basate sui principi HACCP (ad esempio identificazione di CCP).
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE (2020/C 199/01)