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UN CASO NELLESERCITO

Salvò gatta e cuccioli: disobbedienza aggravata

Salvò gatta e cuccioli: disobbedienza aggravata
Salva gatta incinta, tenente italiana rischia un anno di carcere. Ma l'Esercito smentisce: le accuse sono altre.
Un anno di carcere, almeno, per avere salvato una gattina che stava morendo tra miagolii disperati e avere, così, contravvenuto al regolamento militare che, in qualità di ufficiale medico, avrebbe dovuto rispettare.

E' la storia incredibilmente farsesca raccontata da Barbara Balanzoni (foto Sole24Ore), medico di 39 anni di Crevalcore, nel bolognese, che, in queste ore, sta facendo il giro del mondo. Secondo la sua versione dei fatti la donna, ai tempi in cui era in missione a Pec, in Kosovo, nell'estate 2012 intervenne, sollecitata da alcuni militari, in aiuto di una gattina che non riusciva ad espellere un feto e rischiava di morire tra atroci dolori e lamenti strazianti. Fu così che Barbara, essendo assente il veterinario, disubbidì al rigido regolamento militare cui, come ufficiale era sottoposta: «ho fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi persona dotata di media intelligenza e medio cuore: ho estratto questo fetino morto dall'utero, salvando sia la gatta che i cuccioli». E, contemporaneamente, ha messo la firma su una punizione che lei stessa definisce "infamante". Una punizione che la porterà al tribunale militare di Roma il prossimo 7 febbraio, dove dovrà rispondere di «disobbedienza aggravata e continuata» rischiando almeno un anno di carcere.

Per la precisione la disobbedienza aggravata è ascrivibile al salvataggio della gattina (nessun medico può, da regolamento, entrare in contatto con un animale randagio) la sua continuazione è dovuta al fatto che la donna, graffiata dalla bestiola, sarebbe andata a farsi medicare la ferita e praticare la vaccinazione antirabbica all'ospedale più vicino. In sostegno di Barbara Balanzoni si sono sollevate numerose associazioni animaliste, tra le quali l'Enpa che ha anche promosso una petizione on line da presentare al ministro della Difesa Mario Mauro.

In attesa del processo, il medico bolognese, ci tiene però a mettere i puntini sulle i: «Voglio dire una cosa – spiega a un quotidiano locale – questa storia non rappresenta l'esercito italiano. L'esercito è quello che ha fatto rimpatriare in Italia cagnolini nati dalle due mascotte della base, Bruno e Chiara, perché se li avessimo cacciati fuori in strada in Kosovo sarebbero stati condannati a morte. Il mondo animale va rispettato, la gente se lo deve mettere nel cranio».

In serata dallo Stato Maggiore della Difesa è arrivata però una precisazione che getta un'ombra su tutta la faccenda: «le imputazioni contestate all'ufficiale Barbara Balanzoni - si legge nella nota - riguardano i reati di "diffamazione e ingiuria aggravata e continuata" nei confronti di inferiori gerarchici. Non risultano, allo stato, altri addebiti contestati alla militare, di qualsivoglia natura». La verità, e questa è l'unica congruenza tra le due storie, si scoprirà comunque il 7 febbraio a Roma, dove il caso verrà discusso davanti ai magistrati del tribunale militare. (fonte)