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SENTENZA DELLA CONSULTA

Il test d'ingresso a veterinaria non è incostituzionale

Il test d'ingresso a veterinaria non è incostituzionale
Non si può sostenere l'incostituzionalità della legge che, a fronte di una prova unica, uguale per tutti, ammette graduatorie per singoli atenei, invece di una graduatoria nazionale. Nella legge 264/1999 sull'accesso programmato a veterinaria, non vi sono violazioni del diritto allo studio nè del principio di uguaglianza. La Consulta smentisce il Consiglio di Stato.

La Corte costituzionale, con la sentenza 302/2013, salva la legge 264 del 1999 che per l'accesso alle facoltà a numero chiuso (e cioè medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura, professioni sanitarie) prevede test d'ingresso a livello nazionale.

I giudici costituzionali hanno infatti bocciato come «inammissibile» la questione sollevata dal Consiglio di stato, con riferimento all'articolo 4 della normativa. L'organo supremo della giustizia amministrativa aveva sostenuto l'incostituzionalità della legge perché a fronte di una prova uguale per tutte le università della penisola, e che peraltro si tiene nello stesso giorno in tutta Italia, non prevedrebbe la formazione di una graduatoria unica nazionale, ma di più graduatorie per singoli atenei. Una scelta in contrasto con i principi di uguaglianza e con il diritto allo studio e che di fatto determinerebbe una disparità di trattamento. La ragione?

L'ammissione al corso di laurea non dipenderebbe dal merito del candidato, ma da fattori casuali, visto che un concorrente che riporta un punteggio più alto di quello conseguito da altri in un diverso ateneo, alla fine rischia di essere scartato solo in virtù del dato casuale del numero di posti e di candidati in ciascuna università. Ma per la Consulta in realtà la legge «nulla stabilisce con riguardo al tipo di graduatoria da adottare, se per singoli atenei oppure a livello nazionale». Tant'è che lo stesso ministero dell'istruzione «ha in passato fatto ricorso a entrambe le soluzioni».

Sbaglia dunque il Consiglio di stato a ritenere che «l'amministrazione non avrebbe altra scelta che quella di utilizzare graduatorie locali per singoli atenei», senza peraltro «fornire un'adeguata motivazione circa l'impossibilità di seguire altre interpretazioni dell'articolo 4». In sostanza, hanno stabilito i giudici costituzionali, la questione sollevata è inammissibile perché «viziata da una non compiuta sperimentazione» da parte del Consiglio di stato del «tentativo di dare una lettura costituzionalmente conforme» della disposizione censurata.

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