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DIRETTIVA 2010/63

In italia divieto assoluto di sperimentazione sui randagi

In italia divieto assoluto di sperimentazione sui randagi
Il Ministero della Salute conferma il divieto assoluto di utilizzo di animali randagi ai fini scientifici o sperimentali. Apposita comunicazione sarà inviata alla Commissione Europea. L'Italia si avvale della prerogativa lasciata agli Stati Membri di mantenere le misure nazionali più restrittive, già vigenti alla data del 9 novembre 2010.

Il comunicato stampa di Lungo Tevere Ripa arriva in fase di attuazione della direttiva comunitaria 2010/63/UE relativa alla protezione degli animali impiegati a fini scientifici, il cui testo prevede una deroga a tale divieto per casi eccezionali.

La direttiva - precisa il Ministero della Salute- consente agli Stati membri di mantenere disposizioni più restrittive rispetto alla direttiva stessa se già adottate alla data del 9 novembre 2010. La comunicazione del mantenimento della normativa nazionale "verrà quindi formalmente inoltrata alla Commissione europea entro il termine previsto del 31 dicembre 2012".

Il Ministero della Salute ritiene infatti "che non si possa rinunciare ai diritti di maggior tutela degli animali, nel caso specifico riguardanti animali randagi già vittime del reato di abbandono, diritti vigenti nel nostro Paese fin dal 1991 e ormai conseguiti e giudicati irrinunciabili dai cittadini".

Avvalendosi della prerogativa concessa agli Stati Membri, "il nostro Paese conferma di essersi già dotato di una normativa più tutelante rispetto alla Direttiva in recepimento"- commenta la SIVAL. La Società Italiana dei Veterinari per Animali da Laboratorio, ricorda che " la comunità scientifica europea è concorde nel considerare l'impiego di randagi oltre che eticamente inaccettabile anche scientificamente infondato" e la stessa direttiva europea ne vietava espressamente l'utilizzo concedendo la possibilita' agli Stati membri di deroga solo nel caso in cui siano necessari "studi riguardanti la salute e il benessere di tali animali" e fosse scientificamente provata "l'impossibilita' di raggiungere lo scopo della procedura se non utilizzando animali randagi".

L'utilizzo di animali randagi nella ricerca biomedica viene comunemente ritenuto dalla comunita' scientifica contrario non solo a principi etici ma anche dannoso ai fini del raggiungimento di risultati ripetibili e interpretabili. L'estrema variabilita' genetica e fenotipica degli aniamli randagi aumenta la variabilita' sperimentale e riduce la possibilita' di deinire delle condizioni sperimentali controllate. Il loro utilizzo e' pertanto contrario a due dei tre principi fondamentali (3Rs)che guidano la ricerca biomedica ovvero quello del "Refinement" delle procedure e del "Reducement" del numero di animali utilizzati, che assieme al principio di "Replacement" costituiscono le basi – conclude SIVAL- del processo volto al conseguimento dell'obiettivo futuro della completa sostituzione delle procedure su animali vivi a fini scienticfici".