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EDITORIALE DELLA SETTIMANA

Lo “scandalo” della carne di cavallo

Lo “scandalo” della carne di cavallo
E' scoppiata una nuova crisi sulla sicurezza alimentare? No.

L'agenzia irlandese per la sicurezza alimentare a novembre del 2012 ha messo a punto un nuovo test per l'identificazione del DNA da impiegare in un programma di sorveglianza su alcuni prodotti venduti nella grande distribuzione in Irlanda rilevando nel corso del mese di gennaio 2013 la presenza di carne di cavallo in hamburger commercializzati come prodotti esclusivamente con carne di bovino da un'azienda britannica. Gli hamburger vengono analizzati anche per verificare la presenza di "Fenilbutazone" con esito negativo.

Pericoli per la salute? Nessuna evidenza.

La grande distribuzione interviene rapidamente iniziando ad effettuare propri controlli e a ritirare tutti i prodotti realizzati con le stesse materie evidenziando in diverse tipologie di alimenti (pasta con ragù lasagne, ecc.) la presenza di tracce di carne di cavallo, con danni di milioni di euro.

A questo punto gli inglesi, che hanno negli ultimi anni nuovamente smantellato quasi completamente il sistema dei controlli veterinari per ridurre i costi e rendere più competitive le loro imprese, da un lato cercano di scaricare le responsabilità su altri Paesi e dall'altra per rassicurare i propri consumatori danno in pasto ai media i risultati dei campionamenti effettuati di routine per il controllo dei residui (previsti da indicazioni della UE) presso i macelli equini che hanno portato, nel corso del 2012, al riscontro di n.9 cavalli positivi per fenilbutazone con conseguente esclusione da consumo.
Iniziano a questo punto le speculazioni mediatiche: il commercio clandestino di cavalli dopati, le macellazioni prive di controlli sanitari, ecc.. supportate anche dalle reali difficoltà di garantire controlli efficaci e tracciabilità nelle filiera delle carni equine caratterizzate da anagrafi diverse da Paese a Paese.

Quello che in realtà probabilmente è successo, le indagini sono ancora in corso, è che alcune aziende che producono carni lavorate, peraltro non nuove a questo tipo di attività, con sedi nel triangolo Belgio, Olanda, Gran Bretagna, abbiano fatto lauti guadagni mescolando quantità variabili di carni equine, acquistate regolarmente in Paesi dell'Est o addirittura in Paesi Terzi, dove il costo di queste carni è molto inferiore a quello delle carni bovine. Fatto che, occorre dirlo, coinvolge ancora una volta i Paesi dove i controlli svolti dai veterinari pubblici sono molto ridotti.

L'Italia è interessata marginalmente: i controlli disposti dalla Magistratura hanno dato esiti favorevoli. L'unica positività è stata rilevata, nel corso dei propri controlli interni, dalla Buitoni, azienda del gruppo Nestlé, che ha riscontrato presenza di carne equina sino al 3-4%, in carne bovina macinata, acquistata congelata da un'azienda Belga ed ha immediatamente attivato un ritiro volontario di tutti i tortellini ed i ravioli, prodotti con carni provenienti da questa ditta, dal mercato.
Dai dati disponibili sino ad oggi quindi non vi sono evidenze di rischio per i consumatori.
Si tratta, seppur in grande stile, di una delle tante frodi commerciali che vengono scoperte nel corso delle attività di controllo ufficiale. Ricordiamo a questo proposito il caso del 2008 in Piemonte dove era stato riscontrata la presenza di carne di suino e di pollo in una carne macinata venduta con l'indicazione di "puro equino".

Quanto avvenuto è comunque un forte segnale anche per le istituzioni Nazionali. La grande quantità di materie prime alimentari e di alimenti da altri Paesi europei richiedono una strategia di controllo specifica che potrà essere basata su SINTESI, un nuovo sistema informativo, fortemente voluto dal nostro Paese e unico in Europa, in grado di consentire ai servizi veterinari di essere informati sui prodotti alimentari importati.

Bartolomeo Griglio, Presidente AIVEMP